Il grande pubblico lo ricorderà nel documentario Netflix Downfall: The Case Against Boeing: l’ex responsabile del controllo qualità della Boeing aveva infatti denunciato l’azienda aeronautica per ripetute violazioni delle norme sulla sicurezza.

Appena pochi giorni fa il 62enne John Barnett si era presentato in un’aula di tribunale per testimoniare in una causa legale contro i suoi ex datori di lavoro, ma sabato scorso ha disertato l’udienza facendo perdere le sue tracce. Lo hanno ritrovato ieri mattina senza vita nel parcheggio di un hotel di Charleston, Carolina del sud. Il corpo aveva una profonda ferita d’arma da fuoco; gli inquirenti ipotizzano un suicidio, ma le circostanze della morte sono ancora tutte da chiarire.

Impiegato della Boeing per 32 anni, dal 2010 ha Barnett lavorato presso lo stabilimento di North Charleston dove si costruisce il 787 Dreamliner, un aereo di linea all'avanguardia utilizzato principalmente su rotte a medio e lungo raggio che ha però riscontrato diverse criticità. L’ultimo episodio la scorsa settimana quando in un volo tra Sidney e Aukland il velivolo ha perso improvvisamente quota provocando il ferimento di cinquanta passeggeri a causa di imprecisati “problemi tecnici”. A gennaio in un volo appena decollato da Portland si era staccato il portellone centrale costringendo i piloti a effettuare un concitato atterraggio d’emergenza in cui fortunatamente non ci sono stati feriti.

Nel 2017, per motivi di salute, Barnett aveva ottenuto la pensione anticipata; un addio amaro accompagnato da polemiche e da un rapporto deteriorato con i suoi superiori che mal digerivano le critiche alla loro negligenza al punto da ostacolare la sua carriera. Così nel 2019 Barnett aveva accusato pubblicamente il colosso aeronautico e i suoi manager, a suo dire ossessionati dalla riduzione dei costi e dalla ricerca compulsiva del profitto, al punto da ignorare con fastidio le sue segnalazioni.

Molti componenti montanti sugli aerei della Boeing e in particolare sul 787 Dreamliner non avrebbero rispettato minimamente gli standard di qualità richiesti dai vari enti di controllo dell’aviazione civile, come la statunitense Federal Aviation Administration (FAA). Ad esempio i sistemi di diffusione dell’ossigeno sarebbero stati difettosi nel 25% dei casi (le bombole non si aprivano), talvolta assemblati anche con l’utilizzo di materiali di scarto, presi cioè dai contenitori di rottami. L’utilizzo di oltre cinquanta pezzi non conformi era stato peraltro individuato da un’indagine della FAA che aveva confermato tutte le preoccupazioni di Barnett, ordinando alla Boeing e al suo fornitore chiave Spirit Aerosystems di intraprendere, e alla svelta, le necessarie “azioni correttive”.

«A chi mi chiede se ritengo sicuro volare su gli aerei della Boeing non posso che rispondere di no», aveva tuonato Barnett in un’intervista rilasciata nel 2020 al New York Times, parole che pesano come macigni sulla credibilità (e sui bilanci) del più grande costruttore mondiale di aerei di linea. Che da alcuni anni vive un inesorabile declino della sua reputazione.

Come tutti ricorderanno nel 2019 Boeing stata protagonista in negativo di due tragici incidenti avvenuti entrambi subito dopo il decollo a due esemplari nuovi di zecca di 737 Max in dotazione alla Ethiopian airline e alla Lion Air in cui persero la vita complessivamente 250 persone tra passeggeri ed equipaggio. In entrambi i casi il pilota e il primo ufficiale non avevano ricevuto l’addestramento adeguato per gestire i nuovi sistemi di volo computerizzati - il che è responsabilità delle compagnie aeree- ma la stessa Boeing fu costretta dai giudici Usa a pagare una salatissima multa di 2,5 miliardi di dollari per aver nascosto informazioni alle autorità di regolamentazione della sicurezza.