L'Ilva, già moribonda, rischia di passare a miglior vita. È l'amara metafora scelta da Italia dei Valori, che manifesta preoccupazione per l'iter scelto dal Governo. L'allarme lo lancia Maurizio Zipponi, responsabile del dipartimento lavoro: «La più grande azienda manifatturiera italiana, che è anche la prima acciaieria europea, viaggia ormai su un binario morto. Perde 25 milioni di euro al mese e con il cronoprogramma fissato dall'esecutivo la scelta dell'acquirente che dovrà rilanciarla rischia di slittare fino all'agosto 2017. Nel frattempo il paziente, che pure è un asset strategico, sarà clinicamente morto». Zipponi è durissimo con i vertici dell'azienda: «Abbiamo condiviso l'azione di Renzi, che ha tolto la gestione dell'Ilva alla famiglia Riva. Questi imprenditori hanno problemi con la magistratura di mezzo mondo e processi che potrebbero certificare il fallimento e la bancarotta. In Svizzera gli è stato sequestrato un patrimonio di 1,2 miliardi ma nonostante ciò ancora pontificano, anziché vergognarsi per il danno enorme provocato a Taranto». Ma qui arrivano i distinguo: «Il nostro matrimonio con il Governo non è indissolubile. Condividiamo il piano di risanamento e le strategie industriali, ma i tempi fissati dall'ultimo decreto, il decimo dall'inizio della vicenda, sono estremamente sbagliati e incompatibili con la salvezza dell'Ilva. Si rischia di prolungare ancora un'agonia lentissima, certificata da cassa integrazione e ammortizzatori sociali». IdV teme che la partita possa dilatarsi fino alla prossima estate: «Dopo il bando internazionale di giugno, gli esperti hanno due mesi di tempo, mentre il Governo potrà esprimersi dopo altri 120 giorni. L'apertura delle buste, la valutazione delle offerte, la modifica dei piani ambientali e il parere dell'Antitrust richiederanno sei mesi aggiuntivi. Insomma, un disastro».Dopo l'approvazione alla Camera, il dl è approdato ieri al Senato per la conversione in legge, prevista entro l'8 agosto. In virtù della fiducia posta dal governo, il provvedimento sarà votato già in giornata. Si punta a completare la procedura di cessione dei complessi aziendali a una cordata di respiro europeo, in grado di sostenere gli investimenti necessari per riottenere redditività e assicurare sia il risanamento ambientale che il mantenimento dei livelli occupazionali. Zipponi predilige «una cordata con una componente maggioritaria italiana», come quella messa in piedi da Cassa depositi prestiti, Arvedi e Del Vecchio. Maggiori perplessità invece per la manifestazione d'interesse dell'Arcelor Mittal-Marcegaglia, che ha «l'85% di capitali indiani e strategie industriali proprie, che non valorizzano certo gli interessi del nostro Paese». La senatrice Alessandra Bencini ha chiarito che «la mozione e gli emendamenti (promossi anche dall'onorevole Maurizio Romani, ndr) chiedono un dimezzamento dei tempi. Vanno tutelati gli 11mila dipendenti e un indotto di 25mila lavoratori». Il collega Francesco Molinari, rimarca il significato simbolico che l'Ilva riveste per tutto il Sud: «Non si ripeta quanto è avvenuto a Gioia Tauro e Bagnoli».