Il conflitto tra palestinesi e Israele sembra essere entrato in una fase dove ogni avvenimento potrebbe determinare eventi di portata incontrollabile. Sull'orlo del precipizio c'è la popolazione civile bisognosa di aiuti urgenti o in marcia verso la zona a sud di Gaza. Un viaggio per niente sicuro prima di finire in alcuni campi profughi che sono stati allestiti dalle Nazioni Unite. Anche perché come hanno annunciato le autorità israeliane il tempo dell’offensiva di terra sembra arrivato: «La battaglia si sta spostando all’interno di Gaza», ha detto il maggiore generale Yaron Finkelman.

Intanto è stato raggiunto un accordo tra gli Stati Uniti ed Egitto per consentire l'ingresso nel territorio di Gaza di un massimo di 20 camion, al momento però i veicoli sono fermi al valico di Rafah in attesa di un'autorizzazione. Le agenzie umanitarie avvertono che è necessario un quantitativo di generi di soccorso molto più ampio, il responsabile delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, dice che saranno necessari circa 100 camion al giorno per sopperire alle necessità vitali dei civili.

La maggior parte dei 2,3 milioni di residenti di Gaza dipendeva dagli aiuti prima dell'inizio dell'attuale conflitto il 7 ottobre, in realtà il fatto che le derrate siano ancora bloccate risponde anch'esso a una logica di guerra. Lo ha confermato Mark Regev, consigliere del primo ministro israeliano Netanyahu, il quale ha specificato che Israele ha accettato di consentire gli aiuti a Gaza attraverso l'Egitto «in linea di principio», ma «non vogliamo vedere Hamas rubare gli aiuti diretti alla popolazione civile. E' un problema reale».

L'IDF ha intenzione di intensificare gli attacchi in varie aree della Striscia. Il primo ha colpito proprio Rafah, uccidendo 33 persone. Il secondo a Khan Younis, dove è stata presa di mira una casa. Secondo fonti mediche, 11 membri della famiglia sono stati uccisi, tra cui 6 bambini. Tutti i presidi sanitari dopo due settimane di raid sono sopraffatti dall'arrivo dei feriti e l'intero sistema sta collassando come provano le testimonianze di diversi medici che hanno riferito di operare le persone, in alcuni casi, senza anestesia. Un portavoce del ministero della Salute palestinese ha detto che 14 strutture sanitarie hanno smesso di funzionare dopo aver esaurito il carburante per alimentare i generatori.

Ma quella di oggi è stata anche la giornata nella quale ha preso la scena il primo ministro inglese Rishi Sunak, che dopo Biden e Scholz si è recato in Israele per incontrare Netanyahu. Al centro del colloquio la possibilità di una descalation anhe se il premier ha ribadito la vicinanza e il sostegno allo stato ebraico, un concetto sintetizzato dalla frase «vogliamo che voi vincete». Il viaggio di Sunak continua oggi a Riad per un faccia a faccia con il principe ereditario Mohammed bin Salman.

A preoccupare la comunità internazionale è ciò che potrebbe succedere al confine con il Libano, a nord di Israele. A causa dello stato di alta tensione con lanci di razzi e colpi di artiglieria da entrambi i versanti, l'ambasciata Usa a Beirut ha invitato i concittadini a partire «fino a quando vi saranno ancora disponibili voli commerciali. Ai cittadini americani che decidono di non partire, raccomandiamo di preparare piani di emergenza». E che il conflitto rischia seriamente di allargarsi lo dimostrano i droni che nell'Iran occidentale hanno colpito due basi statunitensi e alcuni militari sono rimasti feriti.