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Palestinian children struggle to get donated food at a community kitchen in Khan Younis, Gaza Strip, Saturday, May 3, 2025. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Israele tornerà a occupare Gaza in modo permanente vent’anni dopo l’abbandono della Striscia? È la preoccupazione che serpeggia un po’ ovunque dopo il voto del gabinetto di guerra guidato da Benjamin Netanyahu che sembra andare proprio in quella direzione.
I ministri hanno votato all’unanimità un piano che punta alla «conquista della Striscia di Gaza e al controllo dei territori», con l’obiettivo dichiarato di «sconfiggere Hamas in modo definitivo dopo 19 mesi di guerra». Come ha poi confermato lo stesso premier sul suo account X: «l’offensiva sarà intensa e massiccia». Una spinta sull’acceleratore che, come riportano i media israeliani, preoccupa e i vertici militari e fa infuriare l’opposizione, ancora in piazza a Gerusalemme per manifestare davanti alla Knesset. Il capo di stato maggiore in persona generale Eyal Zamir si è confrontato con il governo, spiegando che un’offensiva di queste dimensioni rischia di affamare la popolazione civile e allo stesso tempo di perdere gli ostaggi, uno scenario dalle conseguenze disastrose.
Preoccupazioni condivise anche dall’Unione europea che è intervenuta tramite il portavoce Anouar El Anouni chiedendo «moderazione» a Tel Aviv e di ripristinare gli aiuti umanitari per la popolazione palestinese. Anche la Germania si è espressa, condannando il piano di invasione: «Gaza appartiene ai palestinesi», dice seccamente il ministero degli Esteri di Berlino che chiede il ripristino degli aiuti umanitari. Su quest’ultimo punto il gabinetto ha ascoltato gli appelli riaprendo alcuni varchi per la distribuzione di cibo e generi di prima necessità. Unico voto contrario: quello del ministro per la sicurezza nazionale Ben Gvir, per il quale «i palestinesi hanno abbastanza da mangiare» al punto che ha ironizzato su un possibile bombardamento dei depositi alimentari di Gaza. Il generale Zamir ha replicato a muso duro alle involate estremiste di Gvir, e accusandolo di mettere a rischio le vite dei cittadini israeliani.
Netanyahu da parte sua prova a rassicurare la comunità internazionale, spiega che verranno prese misure per proteggere i civili i quali verranno spostati (ancora una volta) dalle proprie abitazioni in zone sicure, ma per il momento nessuno può sapere in quali parti della Striscia l’Idf entrerà in azione (anche se l’offensiva dovrebbe partire da nord verso Kahn Younis) e quanto dureranno le operazioni militari. Ma soprattutto nessuno può sapere cosa accadrà dopo.
Inutile girare intorno alla questione; le componenti più estremiste del governo puntano esplicitamente a l’occupazione militare permanente di Gaza a un brusco ritorno al passato. Come il ministro delle finanze Bezalel Smotrich che parla dalle colonne del Times of Israel: «Quando la missione sarà compiuta non ci sarà nessun ritiro dai territori che abbiamo conquistato, non ci sarà nemmeno un cambio di ostaggi».
Il problema è che gli alti ufficiali del’Idf parlano di «offensiva ampia ma limitata ad alcune parti di Gaza» e nessuno di loro ha mai evocato l’occupazione. Insomma l’ennesima fuga in avanti di Netanyahu inquieta i militari e gli apparati di sicurezza che in gran parte hanno visioni e strategie diverse da quelle del governo.
Israele concederà tuttavia una “finestra temporanea” per negoziare una tregua e un possibile accordo sul rilascio degli ostaggi ha annunciato un alto funzionario della sicurezza israeliana. La finestra dovrebbe aprirsi in concomitanza con la visita del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella regione. «Il dispiegamento delle truppe prima dell’inizio della manovra militare offrirà una finestra di opportunità fino al termine della visita del presidente americano, utile a concludere un’intesa sugli ostaggi», ha dichiarato la fonte, citata dalla stampa israeliana Trump è atteso in Medio Oriente dal 13 al 15 maggio, con tappe previste in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti.
Le grandi manovre non fermano però la guerra quotidiana: ancora oggi 19 persone sono state uccise in due distinti raid aerei israeliani nel nord dell'enclave palestinese ha riferito l’agenzia della protezione civile di Gaza senza specificare se si trattasse di civili o miliziani di Hamas.