Decine di migliaia di israeliani hanno protestato ieri sera contro il primo ministro Benjamin Netanyahu mentre la guerra di Israele contro Hamas a Gaza raggiunge i sei mesi.

Gli organizzatori della manifestazione hanno affermato che «circa 100mila» persone si sono radunate in un incrocio di Tel Aviv ribattezzato «Piazza della Democrazia» dopo le contestazioni di massa contro le controverse riforme giudiziarie dello scorso anno. Gridando «elezioni adesso», i manifestanti hanno chiesto le dimissioni Netanyahu.

Proteste anche in altre città, con il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid che ha preso parte a una manifestazione a Kfar Saba prima della sua partenza per i colloqui a Washington. «Non hanno imparato nulla, non sono cambiati», ha detto aggiungendo che «finché non li manderemo a casa, non daranno a questo Paese la possibilità di andare avanti». I media israeliani hanno riferito che sono scoppiati scontri tra manifestanti e polizia nel raduno di Tel Aviv conclusi con un arresto. Successivamente si sono unite alla protesta anche le famiglie degli ostaggi prigionieri di Hamas a Gaza.

Israele sostiene di aver ucciso, nel corso dell’offensiva, più di 13mila uomini di Hamas e di altri gruppi terroristici, oltre a circa un migliaio di terroristi morti all’interno di Israele il 7 ottobre. Il ministero della Sanità gestito dal movimento islamista sostiene che nell’enclave sono morte oltre 33mila persone, ma probabilmente nel bilancio inserisce anche i civili. Israele sostiene infine di aver colpito 4.700 postazioni di Hezbollah e ucciso 330 «operativi» in Libano, tra cui 30 comandanti.

Intanto è alta l’allerta per una possibile rappresaglia iraniana in risposta all’attacco israeliano a Damasco in cui sono morti importanti ufficiali iraniani. Gli Stati Uniti si aspettano un «significativo» attacco entro la prossima settimana, con bersaglio Israele o asset americani nella regione, come riportano fonti dell’amministrazione Usa alla Cnn. Washington ritiene che l’attacco da parte dell’Iran sia «inevitabile», una visione condivisa da Israele. I due governi stanno lavorando in vista dell’attacco. Colpire direttamente Israele sarebbe uno degli scenari peggiori che l’amministrazione Biden sta prendendo in considerazione, perché potrebbe portare a una rapida escalation delle tensioni in Medio Oriente. Il rischio è quello di un allargamento del conflitto con Hamas, qualcosa che il presidente Usa Joe Biden sta cercando di evitare da mesi.