La macchina del boia in Iran funziona a pieno regime, le esecuzioni capitali si susseguono senza sosta e non passa giorno che non venga riportata notizia di persone giustiziate. Ieri mattina due uomini sono stati messi a morte tramite impiccagione nella prigione di Arak, nell'Iran centrale. Si tratta di Yousef Mehrad e Sadrollah Fazeli- Zare che secondo la corte che ha emesso la sentenza sono stati condannati per aver bruciato il Corano e insultato il profeta dell'Islam.

Secondo l'agenzia di stampa della magistratura, Mizan, Mehrad e Fazeli- Zare gestivano decine di account sui social media «dedicati all'ateismo e alla profanazione dei luoghi santi». I due uomini erano stati arrestati nel 2020 e accusati di aver aperto un canale Telegram chiamato Critiche alla superstizione e alla religione.

Fonti dell'organizzazione per i diritti umani HRANA hanno riferito che i due sono stati tenuti in isolamento per i primi due mesi e gli è stato negato il supporto di un avvocato. L'anno successivo il tribunale penale di Arak ha condannato a morte Mehrad e Fazeli- Zare con accuse di blasfemia oltre a sei anni di carcere per «aver agito contro la sicurezza nazionale». Nonostante i loro appelli contro i verdetti, la Corte Suprema ha confermato la pena argomentando che entrambi avevano «chiaramente confessato i loro crimini». Confessioni che pero vengono spesso estorte con la tortura rendendole false e i processi completamente illegali. Risultano quantomeno singolari le dichiarazioni ufficiali di esponenti della magistratura che non hanno reso noti i cosiddetti contenuti insultanti dei due condannati in quanto talmente gravi da non poter essere ripetuti. Le uniche prove delle quali si era a conoscenza consisterebbero in un video sul telefono di Mehrad nel quale il Corano veniva bruciato, immagini che poi sono state condivise pubblicamente.

Secondo Mahmood Amiry- Moghaddam, direttore della Ong, basata in Norvegia, Iran Human Rights: «l'esecuzione di Yousef e Sadrollah per ' insulto al Profeta' non è solo un atto crudele da parte di un regime medievale, è anche un grave insulto alla libertà di espressione. Queste esecuzioni devono essere un punto di svolta nelle relazioni tra la Repubblica islamica e i paesi democratici. La mancanza di una forte reazione da parte della comunità internazionale dà il via libera alla Repubblica islamica e ai suoi alleati ideologici in tutto il mondo».

Le pene capitali di ieri fanno seguito ad un altra condanna a morte eseguita appena sabato scorso quando è stato giustiziato un cittadino svedese- iraniano. Habib Chaab, accusato di essere l'organizzatore di un attacco mortale a una parata militare nel 2018. L'Unione europea ha condannato nei termini più forti l'esecuzione dell'uomo. Il ministero degli Esteri iraniano ha reagito criticando i governi europei accusandoli di sostenere i terroristi invece di combatterli. L'evidenza comunque è quella di un'ondata di condanne a morte che non pare avere precedenti, lo dimostra ad esempio l'esecuzione effettuata a gennaio di un funzionario di alto profilo del ministero della difesa, Alireza Akbari, impiccato dopo essere stato condannato come supposta spia al servizio dell intelligence britannica per quasi due decenni.

Un terzo cittadino con doppia cittadinanza che potrebbe essere messo a morte è Jamshid Sharmahd, un uomo iraniano- tedesco condannato per aver guidato un gruppo filo- monarchico accusato di organizzare operazioni terroristiche sul suolo iraniano. L'Iran è così diventato il secondo paese, dietro solo alla Cina, per il numero di esecuzioni effettuate. Sono state messe a morte più di 200 persone dall'inizio di quest'anno con un aumento del 75%. Una strategia per diffondere la paura soprattutto tra coloro che prendono parte alle proteste a livello nazionale scatenate dopo la morte Mahsa Amini finita nelle mani della polizia morale nel settembre dello scorso anno.