«Sollecitiamo il governo turco a rispettare lo Stato di diritto e ad interrompere le persecuzioni nei confronti degli avvocati». A lanciare l’appello, nella stessa data in cui si celebra “la giornata degli avvocati” in Turchia, sono l’Unione delle Camere penali italiane ( Ucpi), il Consiglio nazionale forense ( Cnf) e i Giuristi democratici, che nel corso di una conferenza stampa hanno snocciolato cifre drammatiche: 1546 avvocati perseguitati dal 2016, 598 arrestati e 274 condannati, simbolo della repressione dell’opposizione politica al regime di Erdogan. Una situazione fotografata da una delegazione di osservatori internazionali, che ha certificato la violazione dello Stato di diritto e la precarietà delle libertà civili in Turchia, esemplificata dal caso dei 20 legali dell’associazione degli avvocati progressisti, condannati lo scorso 20 marzo in violazione di qualsiasi elemento costitutivo del giusto processo: dal diritto alla difesa, a quello al contraddittorio, passando per il diritto ad essere giudicati da un tribunale indipendente.

«Siamo vicini ai nostri colleghi turchi, vittime di una durissima repressione e di una lesione dei diritti umani - ha affermato il segretario Ucpi, Eriberto Rosso - Abbiamo creato un gruppo di analisi per studiare le situazioni nel mondo in cui gli avvocati sono penalizzati nel diritto all’esercizio della professione, nonché in quello alla difesa, iniziativa che coinvolge anche Cnf e Giuristi democratici». Un impegno per evitare il rischio che la situazione turca venga dimenticata, ha spiegato Francesco Caia, coordinatore della Commissione Diritti umani del Cnf. «Tra le iniziative ci sono una manifestazione di protesta a Bruxelles e un manuale per osservatori internazionali dei processi in difesa dei diritti umani. Da parte del Cnf - ha aggiunto - c’è attenzione per un continuo sostegno a questo tipo di iniziative. I rapporti con il Cnf turco non sono facili, ma noi continuiamo a sollecitarlo affinché difenda i colleghi». A seguire il processo con l’osservatorio c’era anche Ezio Menzione, responsabile del progetto Ucpi “Avvocati minacciati”. «Sono 20 colleghi che hanno difeso gli oppositori politici di Erdogan, ma non solo - ha spiegato - tra loro ci sono anche i difensori delle famiglie espropriate delle loro case a Istanbul, per costruire i grattacieli, o di donne che sono state picchiate dal marito perché rifiutavano di portare il velo.

Il loro processo è il fantasma di un processo, e noi dobbiamo denunciarlo all’opinione pubblica».

Menzione ha evidenziato il «canone perverso» di identificare gli avvocati con i propri clienti, per cui «se difendi efficacemente un terrorista allora sei terrorista». E in Turchia è avvenuto proprio questo: un avvocato è stato arrestato e condannato per aver fondato e gestito un’organizzazione internazionale di matrice terroristica, gli altri per averne fatto parte, con pene dai tre anni e un mese a 18 anni e 9 mesi. «Il capo di imputazione si regge sull’aver suggerito di avvalersi della facoltà di non rispondere ai propri clienti con una percentuale statistica superiore al dato nazionale - ha evidenziato ma anche a colloqui con le famiglie troppo lunghi e frequenti».

A raccontare il surreale processo è stata Michela Arricale, di Giuristi democratici. Una storia iniziata con le purghe messa in atto da Erdogan dopo il mancato golpe contro gli accademici, tra i quali Nuriye Gulmen e Semih Ozakca. «Due giorni prima dell’inizio del processo - ha spiegato - è stato arrestato tutto il collegio difensivo».

Solo sei mesi dopo l’arresto gli avvocati hanno potuto prendere visione dei capi d’imputazione, secondo i quali l’associazione degli avvocati progressisti è una branca del partito rivoluzionario messo fuori legge da Erdogan. Che ha anche esautorato due dei tre giudici, destinandoli ad altri incarichi e nominando uno dei giudici a lui più fedeli. «Il processo ha così perso anche l’apparenza di legalità - ha aggiunto - Il giudice ha respinto ogni controprova della difesa e prove a discarico. E la sentenza, dopo aver cacciato i difensori e gli imputati dall’aula e impedendo requisitoria e repliche, è arrivata nel giro di mezz’ora: tutti condannati».

A spiegare la situazione c’era anche l’avvocato Barbara Spinelli, espulsa dalla Turchia perché considerata pericolo nazionale. «Dopo il golpe fallito - ha spiegato abbiamo assistito ad una limitazione fortissima del diritto alla difesa. La riforma costituzionale ha poi segnato in via ufficiale una vera e propria fusione tra potere governativo e sistema giudiziario». Con la fine dello stato d’emergenza, la violazione del diritto alla difesa è stata istituzionalizzata con la legge antiterrorismo del 25 luglio 2018. «È necessario avviare una campagna permanente e di massa dell’avvocatura - ha concluso Fabio Marcelli, di Giuristi democratici - per formare e mobilitare su questi temi a sostegno delle libertà democratiche».