Il movimento di contestazione sociale contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron è entrato ieri nel 23esimo giorno consecutivo, superando il record di durata degli scioperi generali del 1995 contro il premier gollista Alain Juppé ( sempre per la riforma delle pensioni).

Nonostante la forza delle proteste e la determinazione dei sindacati il governo Edouard Philippe rimane invece fermo sul progetto di sistema previdenziale universale a punti, con età fissata a 64 anni per risanare i conti pubblici. Ferme le trattative con i sindacati che indicono per domani una nuova giornata di protesta per le strade di Parigi e delle principali città del Paese. L’uscita dalla crisi non sembra vicina, anche se il movimento sociale lancia i primi segnali di affievolimento: ieri il tasso di adesione allo sciopero del personale della Sncf ha raggiunto il punto più basso, a 8,5% contro 9,6 di giovedì.

Restano comunque molto difficili gli spostamenti, in particolare nella regione parigina.

Finora lo sciopero ha causato un buco di 400 milioni di euro nelle casse della Sncf, come confermato dal suo direttore Jean- Pierre Farandou.

Di questo passo dovrebbe anche essere superato il record di sciopero più longevo nei trasporti di 28 giorni, risalente al 1986- 1987, senza tregua natalizia, in segno di protesta per stipendi e condizioni di lavoro. A sostegno dei lavoratori in sciopero è stato finora raccolto 1 milione di euro di donazioni online. In base al calendario annunciato da ’ Monsieur Pensionì Laurent Pietraszewski, i negoziati tra governo e parti sociali riprenderanno il 7 gennaio, due giorni prima della quarta manifestazione nazionale e interprofessionale del 9 gennaio. Sulla carta il progetto di riforma delle pensioni dovrebbe essere presentato in consiglio dei ministri il 22 gennaio.

L’esecutivo e lo stesso presidente Emmanuel Macron sono disposti a negoziare alcuni punti che riguardano la durata minima dei contributi, pensioni progressive nel settore pubblico, transizioni per alcuni regimi speciali tenendo conto della gravosità dei lavori. I sindacati sono divisi tra quelli che vorrebbero il ritiro della riforma, come le centrali Cgt e Fo, e quelli più favorevoli ad una revisione del sistema, trattando fino all’ultimo pur di ottenere concessioni, tra cui Cfdt, Cftc e Unsa.