Enzo Boschi è uno dei più importanti sismologi italiani. Docente all'università di Bologna, ex presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ed ex membro della Commissione Grandi Rischi ai tempi del terremoto aquilano, spiega al Dubbio cosa è accaduto la notte scorsa nell'Italia centrale e insiste sull'importanza della prevenzione.Professore, molti accostano il terremoto di Accumuli a quello de L'Aquila. I due episodi sismici sono davvero paragonabili?Sono paragonabili come fenomeno e grandezza degli eventi: più o meno hanno la stessa magnitudo, appartengono alla stessa unità geologica e alla stessa parte della mappa di pericolosità sismica (una delle aree a rischio più elevato in Italia). Sono zone che fanno parte dello stesso segmento appenninico, che va dall'Umbria fino all'Abruzzo, e che presentano le stesse caratteristiche. I due terremoti, però, non sono paragonabili come effetti, nel senso che il terremoto de L'Aquila colpì una città intera, densamente abitata e ricca di opere d'arte.In Abruzzo, oltre al capoluogo, furono rasi al suolo molti paesini limitrofi, in questo caso centri come Rieti e Norcia sono rimasti intatti. Perché?Norcia fu colpita nel 1979 da una forte scossa e la ricostruzione che ne seguì fu fatta con tutti i crismi dell'ingegneria antisismica. Pertanto i danni, da quello che ne so io, sono stati pressoché trascurabili. Il che dimostra scientificamente che facendo della prevenzione seria i terremoti perderebbero tutta la loro drammaticità. Perché sono i crolli degli edifici che fanno morire la gente, il terremoto, di per sé, non è pericoloso.A L'Aquila l'ipocentro era a 8,8 chilometri, ad Accumuli è stato a quattro. Quanto incide la profondità di un terremoto in termini di potenza distruttiva?Può incidere, certo: più un sisma è profondo e più la sua capacità distruttiva viene attenuata dallo spessore della crosta che separa la sorgente del terremoto dalla superficie terrestre e dunque dagli edifici. Ma attenzione, è ancora tutto da verificare perché la determinazione della profondità sismica è abbastanza complicata. C'è una commissione Grandi Rischi che per tradizione, immediatamente dopo un terremoto, dovrebbe riunirsi e dare indicazioni serie. Vorrei sapere cosa dicono, loro hanno accesso a tutti i dati e a tutte le informazioni.Lei ha detto che nei prossimi giorni bisognerà prestare attenzione alle «scosse a coppie, cioè si ripete una seconda scossa forte nella stessa zona e uguale alla prima». È possibile, in base ai casi osservati fino a oggi, prevedere per quanto tempo dura questo tipo di pericolo?Non si può dire per quanto tempo durerà ma si può capire. Se uno va a guardare tutti gli episodi che si sono verificati negli ultimi anni, a partire dal 1968 col terremoto del Belice, si nota che per tre o quattro mesi si registrano scosse quasi altrettanto forti alla prima. Per questo bisogna stare molto attenti allo stato degli immobili dopo un terremoto. Questo accorgimento non fu preso ad esempio nel 2012, in Emilia, quando si registrarono due forti scosse a distanza di dieci giorni: la maggior parte delle vittime morì con la seconda scossa. Ecco, vorrei mettere in guardia la gente: non rientrate in casa se non è stata adeguatamente controllata.L'area colpita oggi è nota per essere ad alto rischio sismico. Chi avrebbe dovuto mettere in sicurezza il patrimonio edilizio di questi luoghi?In linea di principio ci dovrebbero pensare le Regioni che però non hanno i soldi, quindi ci vorrebbe un grande piano nazionale che coinvolga anche i territori. Matteo Renzi dovrebbe chiedere all'Europa più flessibilità per affrontare questo problema, perché noi siamo il Paese più sismico del vecchio continente, Francia e Germania sono stabili. Un piano di questo tipo rilancerebbe l'edilizia seria, quella che prevede ad esempio gli ecobonus, comportando anche una grande ricaduta occupazionale. Se si impegnasse in questo senso, Renzi, che è uno che ci tiene a queste cose, passerebbe alla storia per aver drasticamente ridotto il rischio sismico in Italia, cosa che non è mai stata fatta nei secoli passati.Quanto costerebbe mettere in sicurezza il territorio?Si può dimostrare che i costi sarebbero cinque o sei volte inferiori a quelli della ricostruzione per come si fa adesso. Serve pianificare un piano trentennale, dunque diluito nel tempo. Si potrebbe partire con tre o quattro miliardi all'anno che consentano interventi oculati e intelligenti. Bisogna semplicemente rendere sicuri gli edifici in modo che la gente non muoia.Tecnicamente, come si mette in sicurezza una casa in una zona ad alto rischio sismico?Io sono un fisico, non sono un ingegnere, ma di certo in queste zone le strutture devono essere necessariamente basse, non devono superare i tre piani. E poi le pareti, il tetto e tutti gli altri elementi dell'edificio devono essere ben connessi attraverso piccoli accorgimenti. Le tecniche sono ben collaudate e sono utilizzate in Giappone, in California, in Nuova Zelanda, Australia, in Turchia, non c'è niente da scoprire. Tra l'altro gran parte di queste tecniche sono state inventate proprio in Italia.