Il neo ministro della Giustizia Carlo Nordio nel colloquio con il Corriere della Sera e nell’intervista al Messaggero, è entrato ieri più nel dettaglio di quelle che saranno le sue priorità (ne riferisce un altro servizio pubblicato in queste pagine, ndr). Abbiamo cercato di cogliere le reazioni dei gruppi associativi dell’Anm. E a leggere tra le righe di queste repliche, il sentimento prevalente è di apprezzamento per quanto prospettato da Nordio, in particolare sulla ricerca di nuove risorse umane al servizio della macchina giudiziaria e sulla depenalizzazione. Contrarietà, ça va sans dire, sulla separazione delle carriere.

Il giudizio del segretario di Area Dg, Eugenio Albamonte, rimane sempre in chiaroscuro, anche se ha stemperato le dichiarazioni rese qualche giorno fa. Se da un lato «va nella direzione giusta il neoministro Nordio quando sostiene che si occuperà subito di immettere nuove risorse nel campo amministrativo della giustizia», dall’altro lato però, circa la responsabilità da attribuire ai pm se le intercettazioni finiscono sui giornali, Albamonte rileva che «già la riforma Orlando in materia di quelle telefoniche rendeva il procuratore capo responsabile di eventuali fughe di contenuti intercettati e non rilevanti per il procedimento. Su questo non credo ci sia altro da fare».

Per quanto concerne invece il possibile abuso delle intercettazioni, l’ex presidente Anm precisa: «Nel Regno Unito le intercettazioni telefoniche sono utilizzabili solo come strumento di prevenzione e non come elemento di ricerca della prova. Quindi è evidente che siano molte di meno rispetto a quelle fatte in Italia. Poi pensare di fare indagini sulla criminalità organizzata, come la mafia, o sul terrorismo nazionale e internazionale, come nel mio caso, senza ricorrere alle intercettazioni telefoniche, vuol dire non poter fare le indagini». Però il nuovo guardasigilli ha rassicurato che non porrà il pubblico ministero sotto il controllo politico: «Tuttavia Nordio si dice favorevole all’abolizione della obbligatorietà dell’azione penale. E se il pm sarà chiamato a esercitare discrezionalmente la propria azione e sarà separato dal giudice nell’organo di governo autonomo, sarà presto forte la spinta a metterlo sotto il controllo della politica».

Pure nel caso di Maria Rosaria Savaglio, segretario nazionale Unicost, le priorità individuate dal neo ministro «ci trovano d’accordo. Apprezziamo che abbia ben presente come uno dei maggiori problemi della giustizia sia la carenza di risorse umane, in questo momento soprattutto per quanto riguarda i magistrati. Attendiamo pertanto i dettagli in ordine alle risorse umane e materiali che verranno messe a disposizione per raggiungere l’obiettivo della riduzione dei tempi nell’attuazione del Pnrr». Sulla legge Severino, «abbiamo sempre pensato che si tratti di un tema prettamente politico, che non riguarda la giurisdizione, la quale deve essere esercitata indipendentemente da quelle che sono le conseguenze amministrative di un provvedimento giudiziario».

Anche per Andrea Reale, esponente dell’Anm con il gruppo “Articolo 101”, sono positive le prime dichiarazioni di Nordio «relative alle urgenze del settore Giustizia: recupero di efficienza e di credibilità. Quanto al primo punto non vi è dubbio che siano necessarie una profonda iniezione di mezzi e di risorse umane, quindi di magistrati, cancellieri e personale amministrativo, anche con ampliamento di organici, e una altrettanto energica depenalizzazione».

«Quanto al recupero di credibilità dell’immagine dei magistrati, mi auguro che il ministro, piuttosto che alla separazione delle carriere, pensi a combattere la politicizzazione del funzionamento del Csm e porti avanti la sua battaglia per introdurre il sorteggio temperato, vale a dire l’estrazione a sorte tra tutti gli eleggibili dei candidati e successiva elezione, quale metodo per debellare il correntismo dentro l’organo di amministrazione della giurisdizione. Partendo da un intervento del genere, si potrà risolvere anche il problema delle nomine in incarichi direttivi dei procuratori della Repubblica, la cui scelta con metodi obiettivi, come, ad esempio, la rotazione, potrà garantire al meglio una netta distinzione delle funzioni requirenti da quelle giudicanti e l’obbligatorietà dell’azione penale».

«Credo sia ancora presto per una valutazione consapevole delle prospettive di riforma anticipate dal ministro – ci dice in conclusione Stefano Musolino, segretario di Magistratura democratica - Tuttavia, mi piace segnalare una indicazione ed un’omissione. La prima riguarda la depenalizzazione, che è un’esigenza indifferibile per restituire efficienza al sistema penale. Mi preoccupa, invece, la mancanza di attenzione per la situazione delle carceri e l’assenza di indicazioni sulla necessaria implementazione del personale degli Uffici per l’esecuzione penale esterna, necessaria per rendere efficaci le norme di decarcerizzazione previste dalla riforma Cartabia».