Sono le sei del mattino quando Igor Kirillov esce dal suo appartamento moscovita assieme all’autista e assistente Ilya Polikarpov. Mentre i due si avvicinano alla Toyota parcheggiata a poche decine di metri vengono falciati da una potente deflagrazione: entrambi muoiono sul colpo. L’esplosivo era appoggiato al manubrio di un monopattino elettrico ed è stato azionato a distanza, il che ha richiesto un attento monitoraggio dei movimenti del comandante, non un’azione improvvisata ma altamente professionale.

L’attentato infatti è stato rivendicato dopo poche ore da una fonte dei servizi di sicurezza ucraini (Sbu): per l’intelligence di Kiev Kirillov era un «criminale di guerra» e in un comunicato diffuso alla vigilia dell’attacco la Sbu aveva annunciato che l’ufficiale era sotto indagine penale per «l'uso massiccio di armi chimiche vietate contro le forze di difesa sui fronti orientale e meridionale dell'Ucraina». Sempre secondo lo spionaggio di ucraino sarebbero stati registrati oltre 4.800 casi di uso di munizioni chimiche.

Igor Kirillov non era certo un generale qualunque ma il comandante dell'unità delle forze speciali RKhBZ che combatte in condizioni di contaminazione nucleare, biologica o chimica. Due mesi fa era stato sanzionato dal Regno Unito assieme agli ufficiali della sua unità per «il dispiegamento di armi chimiche in Ucraina» mentre il premier Keir Starmer aveva parlato di lui come di «un importante portavoce della disinformazione del Cremlino». In un comunicato Downing street afferma laconicamente che «non piangerà la morte di chi ha imposto sofferenze al popolo ucraino».

Oltre al ruolo di generale Kirillov era noto per i suoi briefing provocatori e complottisti ai limiti del pittoresco; sosteneva ad esempio che gli Stati Uniti avessero creato il virus del Covid 19, ha parlato di laboratori segreti americani in territorio ucraino per infettare i militari russi, di presunti progetti di droni che sarebbero in grado di trasportare sciami di zanzare, pronti a infettare i soldati in prima linea con i virus più improbabili. Ha denunciato anche la minaccia rappresentata dagli uccelli migratori consapevolmente infettati da Washington.

Non è la prima volta che Kiev utilizza tattiche terroristiche e “asimmetriche” per colpire il nemico. Il 20 agosto del 2022, nel quartiere di Bolshiye Vyazemy, alla periferia di Mosca, era stata uccisa Darya Dugina, figlia dell’ideologo nazionalista Alexander Dugin e a sua volta propagandista nei principali media governativi. Il suv Toyota su cui viaggiava è andato distrutto in un’esplosione anche se i servizi statunitensi ritengono che l’obiettivo dell’attentato fosse il padre a cui era intestata l’automobile.

Il 2 aprile 2023 il blogger militare Vladlen Tatarski (nome vero Maksim Fomin) viene ucciso in un locale di San Pietroburgo per l’esplosione di una statuetta che gli era appena stata regalata. Molti vicino al defunto capo dei mercenari Wagner Yevgeny Prigozhin, Tatarski aveva criticato il Cremlino per i rallentamenti dell’offensiva in Ucraina. Nessuno ha rivendicato l’attentato e la sua morte rimane un mistero irrisolto per quanto il modus operandi dell’omicidio suggerisca la regia dei servizi di Kiev.

Si è invece salvato per miracolo lo scrittore nazionalista e combattente separatista nel Donbass Zachar Prilepin: il 6 maggio 2023 un ordigno esplode al passaggio della sua auto nei pressi di Nižnij Novgorod uccidendo l’autista e ferendolo gravemente Prilepin, la figlia che viaggiava sul sedile posteripre rimane miracolosamente illesa. In quel caso l’Ucraina non ha rivendicato l’attacco ma per le autorità russe non ci sarebbero grandi dubbi sulla paternità del Sbu.