È verosimile che a convincere i Giudici togati e popolari della colpevolezza di Massimo Bossetti sia stata la fascinazione della scienza, essendo la stessa diventata ormai un nuovo totem di facile efficientismo giudiziario.Nel caso di Bossetti, l’uso della scienza è stato dogmatico, consentendo lo sviluppo di quella che Guglielmo Gulotta ha individuato come "visione a tunnel", nella quale una volta entrati è difficile uscirne senza pervenire a una sentenza di condanna.Se viene dato un eccessivo valore alla prova scientifica (anzi, al discusso indizio scientifico elevato a prova), questa deve essere certa e indiscutibile, essendo in gioco la libertà e la vita sociale di una persona.Non ripetibileAl cittadino Bossetti non è stata garantita la ripetibilità dell’esame che ha consentito di pervenire all’individuazione del codice genetico di Ignoto1 (rectius: all’amplificazione di una traccia mista composta da materiale genetico non meglio specificato commisto con il sangue della povera Yara) successivamente risultato corrispondente al Dna del medesimo.Ciò perché essendo infinitesima la traccia di natura biologica rilevata, non è stato possibile procedere a quanto normalmente avviene, ovvero all’identificazione della natura biologica della traccia medesima, al fine di stabilire se trattasi di sangue, oppure sudore, saliva, liquido seminale o tessuto epiteliale.Tale accertamento può rivelarsi dirimente nei casi in cui sia probabile, come è certamente in quello in disamina, stabilire necessariamente la genesi dell’effetto contaminativo.Nonostante tale contesto fattuale, esigenze investigative hanno consentito comunque di procedere all’estrazione del Dna nei laboratori del Ris di Parma, mediante il ricorso alla procedura di amplificazione di tale infinitesima traccia biologica, il cosiddetto Lcn (Low copy number), con la piena consapevolezza della non ripetibilità dell’accertamento stesso e con altrettanta piena consapevolezza, che tale accertamento avrebbe potuto comportare a futura memoria la possibilità di individuare il titolare di quel codice genetico che non necessariamente è l’assassino di Yara. È infatti ragionevole e scientificamente argomentabile la probabilità che la traccia stessa possa essersi originata semplicemente a seguito dell’utilizzo da parte di Ignoto1, e non necessariamente di Massimo Bossetti, di un qualunque mezzo tagliente utilizzato da quest’ultimo in precedenza e sul quale, a causa di un accidentale ferimento nel suo utilizzo e/o una colatura ematica dovuta ad epistassi, possa essersi determinato il deposito di sostanza genetica riconducibile al medesimo.Senza scomodare per il momento la scienza ma fermandoci ad una valutazione del solo dato fattuale c’è tra chi legge chi accetterebbe in silenzio, vestendo i panni di Massimo Bossetti, una condanna basata sul solo fatto che c’è una traccia riconducibile al suo Dna del quale si è chiamati a rendere spiegazione!?Credo che nessuno abbia risposto sì!Chi ha contaminato?Credo invece che ognuno abbia pensato che Bossetti fa il muratore ed è ragionevole quindi poter immaginare che abbia potuto utilizzare un taglierino prendendolo tra i propri attrezzi o prendendolo tra gli attrezzi di un altro qualunque operario, o ancora, perché effettuando un lavoro a casa di una qualunque persona, abbia utilizzato uno strumento messo a disposizione da quest’ultima, sul quale si è andata a depositare una sua traccia genetica, essendo bastevole ai fini di tale determinismo anche una semplice superficiale abrasione.Elucubrazioni!? Ricorso estremo al principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio!? No! Solo riflessioni, basate su una lettura non assiomatica e dogmatica della scienza.Al riguardo, e solo per notizia, in uno studio condotto da Ricercatori della Sapienza, pubblicato su “Forensic Science International - Genetics”, e non certo su settimanali di gossip-giudiziario, è spiegato come non sia per nulla remoto, anzi spesso ricorrente in natura, che la traccia rilevata sulla scena di un delitto non costituisce tassativamente la firma genetica dell’autore del reato, essendo dimostrato e dimostrabile che l’impronta biologica di un individuo può trovarsi su un oggetto o su una persona che addirittura non ha mai toccato quell’oggetto o quella persona, ma sui cui la traccia stessa è stata semplicemente “trasferita” da altri.Il metodoSe si scomoda la scienza e, come in questo caso il dato tecnico scientifico costituisce l’architrave dell’accusa essendo il resto degli indizi rimasti privi di validità, è necessario che: il "dato" tecnico scientifico risulti immune da qualunque dubbio; lo stesso sia frutto di accertamenti ed esperimenti di laboratorio rispettosi degli standard e dei protocolli condivisi dalla comunità scientifica di riferimento. E che, soprattutto, sia tale da consentire a chiunque e a maggior ragione a chi è destinato a subirne le conseguenze, di poterne verificare la validità anche attraverso il ricorso alla cosiddetta prova di resistenza, come inutilmente e ripetutamente invocato dal cittadino Bossetti e dai suoi difensori.È noto, anche al più sconsiderato degli scienziati, che il laboratorio non offre certezze ma solo probabilità ed in questo caso, di fronte ad un unico indizio di tipo tecnico-scientifico, il peso della scienza avrebbe dovuto essere posto in comparazione con tutti gli altri dati e non invece avere il totale sopravvento su questi.Torniamo allora al laboratorio e diamo pure per scontato, come non si dovrebbe, che il risultato ottenuto, e cioè quello relativo all’individuazione del Dna di Ignoto1, sia un risultato certo e confortante e come tale in grado di lasciare poco spazio a questioni legate a presunte contaminazioni.Sappiamo però che così non è, essendo emerso in dibattimento: l’utilizzo di kit scaduti, la presenza di "alleli chimera", ed altre anomalie che avrebbero dovuto portare all’eliminazione del dato tecnico scientifico stesso, perché inutilizzabile a monte, essendo valido ed imperante al riguardo il principio che se non sono certe le basi, è del tutto inutile avventurarsi alla ricerca di improbabili ed ipotetiche altezze.Continuiamo però per mera ipotesi a voler salvare il salvabile e a voler a tutti i costi dare un senso all’impegno profuso dalla Procura della Repubblica, anche in termini economici, dando pure per scontato che quell’accertamento, ormai irripetibile, possa avere un senso e un significato, accettabile in termini processual penalistici.Studi geneticiCiò che rimane dubbio dunque, e ciò su cui non sembra essere stato speso grande impegno, è l’aver indagato e/o provato a dare compiuta e certa spiegazione di come il pur incerto Dna di Ignoto1, sia potuto finire sugli indumenti di Yara.Andava pertanto indagato scientificamente e resa doverosa spiegazione, anche solo in termini negativi e di esclusione, e anche solo a titolo di mera ipotesi, che quel Dna ivi rinvenuto, potesse esserci finito per effetto di contaminazione.Al riguardo, va richiamata la notevole mole di pubblicazioni scientifiche sull’argomento. Noti a tutti gli addetti ai lavori sono infatti i contributi basilari del professor Peter Gill "Secondary Dna transfer of biological substances... ", oltre a quelli specifici sul trasferimento secondario e terziario di Dna pubblicati su “Forensic Science International - Genetics Supplement Series” (01/2013) da Lehmann, Mitchell, Ballantyne e van Oorschot, unitamente a quelli del professore J. M. Butler, nei quali viene spiegato dettagliatamente e scientificamente come possa realmente verificarsi la possibilità di contaminazioni in materia, e cioè come la traccia biologica dalla quale è stato estratto il Dna possa finire sugli indumenti della vittima.Nel caso di Bossetti non risulta che ci si sia premurati di farlo con la certezza che il nostro sistema processuale penale impone, non essendo inverosimile che il muratore di Mapello possa, in un momento antecedente all’omicidio della povera Yara, essersi ferito con un proprio o altrui arnese di lavoro, utilizzato poi da altra persona per commettere il delitto.È questo il vero nodo gordiano del processo appena celebrato, è questo il locus che è rimasto inesplorato, essendo stata liquidata come insostenibile la circostanza dell’epistassi di Bossetti e il fatto che possa esservi stata contaminazione su un attrezzo da lavoro in uso al medesimo o di altrui disponibilità, finito successivamente tra le mani dell’assassino.*Avvocato - Docente di Criminologia nell’Università di Roma "La Sapienza" - Coordinatore Scientifico del Master in Scienze Forensi