di Enrico Pieranunzi*

Grazie ad appuntamenti concordati via web, tra venerdì 13 marzo e domenica 15 tantissimi italiani si sono esibiti tutti insieme, pur se distanti l’uno dall’altro per causa di forza maggiore, in performance musicali di ogni tipo. Ne è nata un’esplosione sonora che ha abbellito e alleggerito questo primo fine settimana primaverile di quarantena nazionale generalizzata. Un vero e proprio concertone la cui partitura non è opera di alcun compositore ma è stata estemporaneamente “scritta” nell’aria da tutti i partecipanti: voci che hanno cantato a squarciagola, chitarre e contrabbassi portati sui balconi, trombe suonate affacciandosi alla finestra, Inni di Mameli in versioni individuali e collettive, canzoni che appartengono al repertorio collettivo di tutti. Senza distinzione, ovviamente, di “operatori” musicali ( professionisti, semplici appassionati, persone che forse non avevano mai suonato o cantato alcunché in vita loro) e di stili: pop, rock, classica, jazz. Spettatori del concertone: il web stesso naturalmente oltre ai vicini presenti su altri balconi o affacciati alle loro finestre.

Cassa di risonanza: ancora il web e i cortili dei palazzi all’interno dei quali le voci o i suoni degli strumenti potevano liberamente dispiegarsi. Un fuoco artificiale di suoni reali che ha interrotto in maniera sorridente e liberatoria l’opprimente, surreale silenzio di questi giorni difficili. Era forse prevedibile che un popolo con una tradizione musicale tra le più illustri del mondo e di sempre desse vita a questa spontanea manifestazione di vitalità in musica.

Ma, date le circostanze che l’hanno generata e le modalità con cui è stata realizzata, la cosa sembra aver assunto una valenza comunicativa e simbolica di portata diversa dal semplice fenomeno più o meno folcloristico. A essere rilevante, più che le musiche suonate o cantate, è sembrato l’atto stesso del suonare o cantare, la sua fisicità, la voglia di usare le proprie mani o la propria voce, cioè il proprio corpo, a prescindere dal livello della personale educazione musicale. Sì il corpo, biglietto da visita in carne e ossa della presenza di ognuno e vera sorgente della musica. L’evento musicale di questo strano, lunare week end ci ha ricordato infatti che nella musica c’è una misteriosa forza “biologica” capace di unire tutti gli esseri umani, al di là di razze, età e credenze. Ed è così accaduto che questa energia positiva sia stata come scagliata, in un imponente impulso di massa, contro la forza altrettanto biologica ( senza virgolette, purtroppo) ma maledettamente distruttiva del nostro comune nemico di queste settimane. Per ricordarle che noi siamo in grado di combatterla. In ogni modo. Anche attraverso una festa popolare spontanea con tanta voglia di condividere i propri suoni e di “giocare” con gli altri. Certo viene il dubbio ( di prammatica direi, apparendo queste righe su un giornale che del Dubbio ha fatto la sua ragione sociale) che il nemico sia sordo o indifferente alla fascinazione dei suoni e che questo tentativo di abbatterne o attenuarne l’aggressività possa lasciarlo del tutto indifferente, risultando quindi vano. Può darsi, anche se ovviamente speriamo di no. Ma non si sa mai. Perché in ogni caso l’alone di energia vitale che i corpi di tutti i partecipanti al “concertone” hanno contribuito a creare e diffondere è stato intensissimo, un’intensità che gli deriva dall’essere radicato in un’esigenza, quella della musica, originaria ed universale, propria di tutti gli abitanti del Pianeta Terra. Per cui se anche “il nemico” risulterà non particolarmente impressionato da questo attacco sonoro, lo stesso sarà servito ad aumentare notevolmente il nostro star bene, vale a dire le nostre difese. Il che, di questi tempi, non è poco.

* musicista