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Di nuovo pugni neri nel cielo dAmerica, e grida di rabbia e dolore, No justice, No peace. Sia gloria al Signore. Di nuovo manifestazioni per le strade dAmerica, e giovani che lanciano slogan e portano cartelli. Sia lode al Signore, alleluja. LAmerica si sveglia dopo Dallas più smarrita e più forte di prima. Non cè una guerra razziale, non cè una guerra civile. A Denver Black Lives Matter continua a organizzare il sit-in pacifico di 135 ore, una per ogni vita nera spezzata da un poliziotto dallinizio dellanno, preso la sede del governo e nelluniversità. Cè una grande democrazia che sa di dovere fare ricorso agli angeli migliori della propria coscienza per non diventare preda di uno scontro diabolico, di una lacerazione armata. Troppo sangue sta scorrendo per le strade dAmerica sono più i morti ammazzati dentro casa che nelle guerre lontano.Laltro giorno, dopo Dallas, Obama ha parlato di nuovo della necessità di restringere la legge sulle armi e riformare le regole della polizia e laddestramento. Non è la prima volta che dice queste cose ogni volta che è occorsa una strage, e ce ne sono state, ogni volta che la polizia ha sparato su persone rese inermi, e ce ne sono state , e ogni volta sembra portare addosso i segni duna enorme stanchezza, e parla ogni volta più lentamente, più gravemente, una maschera di frustrazione e dolore. Ieri laltro, rivolgendosi alla nazione, sembrava Joan Didion: «Youre not seeing riots and youre not seeing police going after people who are protesting peacefully», ha detto. Non ci sono sommosse per strada, e la polizia non sta addosso alle persone che protestano pacificamente. E Joan Didion aveva scritto in uno dei suoi magnifici reportage, Verso Betlemme «It was not a country in open revolution. It was not a country under enemy siege. It was the United States of America in the cold late spring of 1967 Non era un paese in aperta rivoluzione. Non era un paese sotto assedio nemico. Erano gli Stati uniti dAmerica in una fredda tarda primavera del 1967, e il mercato era stabile, il prodotto interno lordo alto e un sacco di gente in grado di mettere assieme quattro parole sembrava animata da una profonda consapevolezza sociale e sarebbe potuta essere una primavera di belle speranze e grandi promesse per la nazione, ma non lo era, e erano sempre più quelli che nutrivano la spiacevole sensazione che non lo fosse. Lunica cosa che sembrava chiara era che avevamo distrutto noi stessi».Comè che stanno le cose? Non ci sono mai stati così tanti occupati e così pochi disoccupati dagli anni Novanta, il debito pubblico è stato ridotto in maniera considerevole, le aziende ritornano in patria, le banche hanno restituito i prestiti anzitempo e il mercato finanziario è prospero, la bilancia commerciale è di nuovo favorevole, il prodotto interno è di nuovo in crescita. E allora? È una nazione che, nonostante questo, si va lacerando, dove le differenze di colore della pelle, di reddito, di speranze e possibilità si vanno sempre più accentuando creando un oceano insormontabile di disillusione e rabbia?Sono tornati gli anni Sessanta? Se lo chiede Ross Douthat sul New York Times. Ci avviamo verso un avvitamento di ideali e speranze? E va bene, ora come allora, ci sono disordini nelle città, cè un tasso alto di omicidi, tensioni tra manifestanti e poliziotti, un nazionalismo bianco rialza la testa dopo il lungo sonno del post-segregazionismo, nei campus universitari è tornata la politica, si rivede la New Left. Ora come allora cè una enorme sfiducia nelle istituzioni, nellestablishment, e lidea è che il paese sia marcio dalla testa ai piedi. Ci sono somiglianze tra le personalità politiche, uno può pure pensare che Donald Trump somiglia in modo impressionante a George Wallace e che Bernie Sanders riecheggia Gene McCarthy, mentre Hillary sembra un Richard Nixon in panni democratici.Ci sono anche rimandi fra generazioni: la generazione dei millennials (Generation Next o Net Generation, insomma i nati dopo il 1980) ha appena suberato i baby boomers e costituiscono il gruppo più numeroso di popolazione; come i boomers condividono una profonda trasformazione nelle comunicazioni (allora la tv, oggi internet), varie rivoluzioni sessuali (oggi gay e transgender, allora una maggiore libertà tra i sessi) e nel loro ciclo vitale si trovano esattamente nello stesso punto cruciale in cui si trovarono i boomers negli anni Settanta gli anni Novanta di una prospera adolescenza come i Cinquanta dei boomers, il loro 11 settembre come lassassinio di Kennedy, il liberalismo dellera Obama come la Great Society di Lyndon Johnson , e potrebbero entrare nel loro Bosco Oscuro, anni di crisi.Ma quante sono le differenze. Non cè una guerra in Vietnam che faccia da catalizzatore, non ci sono i Weather Underground, non cè crescita del crimine violento anzi un lento ma deciso declino e questo è un dato incontrovertibile; la mobilitazione nei campus non ha i toni dei giorni della rabbia e si incanala nei regni virtuali dei social network piuttosto che nelle strade. Quello che è vero è che allora le istituzioni in qualche modo tenevano, che la società non era polarizzata come adesso, i salari non aumentano mentre crescono le differenze di reddito, le famiglie sono divise e la chiesa e lassociazionismo civile non hanno presa. È una repubblica spezzata, dove la demagogia può rastrellare consenso. Cè chi sparge odio.Joe Walsh, che è stato al Congresso come rappresentante repubblicano dellIllinois e ora fa lospite nei talk-show, laltro giorno ha detto: «Cè una guerra contro i nostri poliziotti in questo paese, e penso che Obama abbia alimentato questa guerra e Black Lives Matter anche.. le parole di Obama e i fatti di Black Lives Matter hanno fatto uccidere poliziotti».William Johnson, che è direttore della National Assciation of Police Organizations, un gruppo che rappresenta più di duecentocinquantamila poliziotti, è spuntato a Fox News per dichiarare: «È una guerra ai poliziotti, e lamministrazione Obama è il Neville Chamberlain di questa guerra. Credo che il loro continuo accomodamento con il dipartimento di Giustizia, laccomodamento con la violenza criminale, il rifiuto di condannare associazioni come Black Lives Matter, abbiano creato il clima che ha reso possibile Dallas».Matt Drudge, il blogger più ammirato e odiato dAmerica, ha twittato dopo Dallas: «Black Lives Kill», storpiando il nome dellassociazione, e incolpandoli direttamente della strage di Dallas. Poi, lha ritirato. Questo è lo stato delle cose. Trump può pescare in questa situazione?A Ruth Bader Ginsburg, giudice della Suprema Corte, hanno chiesto laltro giorno cosa pensi della possibilità di una presidenza Trump. E ha risposto: «Non voglio nemmeno pensarci, ma se accadesse, allora si aprono le danze».Chi ha paura degli anni Sessanta se ne stia a casa, a guardare talk show, talent e porno. Noi guardiamo a loro, agli americani, con devozione, rispetto e invidia, noi guardiamo allAmerica, perché è lì che si gioca la partita delloccidente.Vivere o morire a Dallas, alleluja.