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Il porto sicuro della Pubblica amministrazione ha ripercussioni dirette sul numero degli iscritti all'albo degli avvocati di Pordenone, dove soprattutto i giovani, dopo un primo approccio con la professione forense, decidono di scegliere altre strade e appendere la toga. «Svolgere la nostra professione - dice al Dubbio il presidente del Coa di Pordenone, Alberto Rumiel - è diventato sicuramente più difficile. Negli ultimi due anni abbiamo registrato una cinquantina di cancellazioni dall’albo. Oggi il nostro Ordine conta 657 iscritti. Abbiamo potuto constatare che le cancellazioni coinvolgono maggiormente i più giovani, attratti dalla stabilità di un impiego dipendente. Anche il numero dei praticanti risulta in netto calo, a conferma di una tendenza che vedrà nei prossimi anni un’ulteriore flessione nei numeri».
Le cause di questa situazione? A rispondere è sempre il rappresentante delle toghe di Pordenone: «La fase iniziale della professione non si caratterizza per una immediata soddisfazione economica per cui in un momento di crisi generale molti giovani cercano strade che consentano loro di acquisire in maniera più veloce una vera indipendenza». Il biennio più duro, quello dell’emergenza sanitaria e della fase post pandemica, è quasi un triste ricordo. È giunto il momento di voltare pagina. A dare una mano in tal senso dovrebbero essere le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza o quelle da individuare eventualmente in nuovi progetti di rilancio del paese.
Gli avvocati sono pronti a fare la loro parte. «L’avvocatura – commenta Rumiel - ha contribuito in modo determinante alla tenuta del sistema giustizia nel periodo pandemico ed ora è chiamata a mantenere una centralità di posizione anche nell’organizzazione degli Uffici giudiziari. Se i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza porteranno giovamento al sistema economico e metteranno in moto la macchina organizzativa dello Stato, ancora troppo lenta e legata a schemi bizantini, allora anche l’avvocatura e, conseguentemente, il cittadino ne trarranno beneficio. L’avvocatura dovrà individuare tutte le soluzioni messe in campo a livello nazionale ed europeo per uscire dalla crisi e mettere le proprie specifiche competenze al servizio della collettività, così che i fondi del Pnrr possano essere utilizzati al meglio».
Una decina di anni fa con gli interventi, in diversi casi scriteriati e dannosi, che hanno rivisto la geografia giudiziaria sono stati stravolti alcuni equilibri territoriali. Una situazione che non ha risparmiato neppure Pordenone e dintorni. Il risultato? Sono stati ampliati alcuni distretti senza tener conto delle risorse umane da destinare con inevitabili contraccolpi sulla tenuta complessiva della macchina giudiziaria.
«L’Ordine di Pordenone - afferma Rumiel - con la riforma della geografia giudiziaria ora ricomprende parte del territorio del Veneto orientale e ha dunque ampliato l’area di competenza in una zona extraregionale, prima appartenente al distretto della Corte d’Appello di Venezia. A tale ampliamento non è tuttavia corrisposto un rafforzamento del personale amministrativo in forza presso il Tribunale, se gli organici non saranno rinvigoriti notevoli saranno in futuro le difficoltà in termini di efficienza del servizio giustizia. Oltre al costante lavoro di monitoraggio e di sollecitazione, finalizzato a superare le criticità che si manifestano negli Uffici, abbiamo avviato un percorso di giustizia complementare».
Il Coa di Pordenone non si è perso d’animo e ha avviato una serie di iniziative per venire incontro ai cittadini. «In quest’ottica – aggiunge Rumiel - da circa 10 anni è operativo l’Organismo di Mediazione Forense, che ogni anno compone centinaia di controversie civili grazie all’opera di colleghi mediatori iscritti al Foro. Nel 2016 è stato istituito l’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento all’interno del quale vengono declinati gli strumenti per gestire e risolvere determinate situazioni, attraverso l’azione di diversi avvocati che si sono negli anni formati come gestori della crisi».
L’Ordine di Pordenone intende essere un modello di riferimento per l’avvocatura e per i cittadini. Il lavoro del Coa sta dando risultati confortanti, che non derivano dal caso ma da una progettualità attenta, pianificata nei dettagli e con il coinvolgimento di tutto il Foro. Un approccio che tiene sempre conto del valore di ogni singolo avvocato per rimarcare l’importanza di chi è impegnato nella difesa dei diritti e della Costituzione. «Anche per questo motivo – conclude il presidente- crediamo che il ricorso alle ADR di matrice forense possa confermare la centralità dell’avvocatura nella tutela dei diritti e consentirci di guardare con fiducia al futuro della professione».