Negli Stati Uniti i tribunali federali sono ormai l’unico argine concreto alle spinte autoritarie del presidente Donald Trump in uno scontro istituzionale che sta mettendo seriamente sotto stress la democrazia americana.

L’ultimo episodio da Boston, dove la Corte Federale ha ordinato la reintegrazione degli oltre 2,6 miliardi di dollari di fondi per la ricerca tagliati all’università di Harvard per non aver messo argine a presunte derive antisemite all’interno dell’ateneo. La giudice Allison D. Burroughs ha infatti stabilito che il potere esecutivo non può limitare la libertà accademica, protetta dal Primo Emendamento come aveva denunciato il presidente. «Dobbiamo combattere l’antisemitismo, ma dobbiamo anche proteggere i nostri diritti, incluso il diritto alla libertà di parola, e nessuno dei due obiettivi dovrebbe né deve essere sacrificato sull’altare dell’altro», si legge nella sentenza di 84 pagine.

Dallo scorso 21 gennaio, data cui il tycoon si è insediato alla Casa Bianca, i tribunali hanno fermato o sospeso decine di ordini esecutivi. Come lo scorso febbraio quando i giudici di Seattle e Maryland hanno bloccato l’ordine di abolire la cittadinanza per nascita (lo ius soli), ricordando che il XIV Emendamento non può essere certo scavalcato da un decreto. Nei mesi successivi, un giudice californiano ha sospeso la riduzione dei programmi federali per la diversità e l’inclusione, definendo la misura troppo vaga e discriminatoria. A luglio, a Los Angeles, è stato dichiarato illegale l’invio di truppe federali per sedare proteste civili, perché violava il Posse Comitatus Act e trasformava la sicurezza pubblica in una vetrina di propaganda presidenziale.

Ad agosto, la magistratura ha fermato le deportazioni “fast-track”, sospendendo l’espulsione immediata di migliaia di migranti senza alcuna revisione giudiziaria, mentre la Corte d’appello ha bloccato l’uso dell’Antica Legge Alien Enemies del 1798 per espellere cittadini venezuelani, chiarendo che l’immigrazione irregolare non può venire associata a un’invasione e che una legge di 250 anni fa non può essere utilizzata per provvedimenti ingiustificati. Altri tribunali hanno respinto tentativi di colpire studi legali coinvolti nell’inchiesta Mueller (Russiagate), giudicando ritorsioni politiche sospensioni di incentivi, limitazioni agli accessi e annullamenti di contratti.

Nel caso di Harvard, il Dipartimento per la Sicurezza Interna aveva stabilito che gli studenti stranieri avrebbero dovuto lasciare il Paese se i corsi fossero stati tenuti interamente online. Harvard e MIT denunciarono subito il provvedimento come arbitrario e lesivo dell’autonomia accademica. Dopo centinaia di ricorsi, i giudici hanno stabilito che le restrizioni violavano il Primo Emendamento e compromettevano la capacità delle università americane di attrarre talenti da tutto il mondo. Il presidente Alan Garber ha commentato che si tratta di una vittoria non solo per Harvard, ma per tutte le istituzioni che credono nella ricerca libera e nella collaborazione internazionale.

Il filo rosso di questa cronologia è chiaro: a ogni tentativo di forzare la mano con decreti unilaterali, i tribunali hanno risposto con richiami alla Costituzione e alla separazione dei poteri. Se il Congresso è saldamente in mano ai repubblicani, se gli smarriti democratici sono in cerca di leader e programmi, se i media oscillano tra polarizzazione e impotenza, sono i giudici a costituire l’unica opposizione fattuale alle continue esibizioni di forza del tycoon. Le sentenze riaffermano un principio semplice: nessun presidente può dichiararsi al di sopra della legge.

Le sentenze si susseguono con una frequenza impressionante: dalle battute d’arresto agli ordini sulla cittadinanza, alle sospensioni delle deportazioni, al blocco delle politiche discriminatorie fino al ripristino dei fondi accademici. La magistratura non si limita a intervenire ex post: definisce i limiti entro cui l’esecutivo può muoversi, ricostruendo il confine tra ciò che è possibile e ciò che costituzionalmente è vietato.

Così, mentre l’amministrazione Trump cerca di rimodellare le istituzioni secondo una visione personale e aggressiva, i tribunali rispondono con decisioni che proteggono diritti fondamentali, libertà individuali e il funzionamento stesso della democrazia. In un Paese dove altri controlli appaiono incerti o impotenti, la magistratura si conferma l’ultima linea di difesa, l’unico presidio concreto contro gli eccessi dell’esecutivo.

La vicenda Harvard, le deportazioni sospese, il blocco dei decreti sulla cittadinanza e l’intervento contro la militarizzazione delle proteste non sono capricci politici da parte di tribunali che difendono una rendita politica, ma la prova di un sistema che malgrado tutto continua a proteggere la sua Costituzione.