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Palestinians carry bags of flour after storming a U.N. World Food Program warehouse in Zawaida, Central Gaza Strip, on Wednesday, May 28, 2025. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la morte di Mohammed Sinwar, leader militare di Hamas nella Striscia di Gaza e fratello minore di Yahya Sinwar, l'ex capo politico e militare dell'organizzazione, ucciso nell’ottobre del 2024. Mohammed Sinwar era considerato una delle figure di spicco delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas.
Poche ore dopo lo stesso Netanyahu ha negato che la popolazione della Striscia di Gaza stia morendo di fame e che Israele persegua una politica di blocco degli aiuti, nonostante le valutazioni internazionali secondo cui il territorio è a rischio critico di carestia. Netanyahu ha anche affermato che l'esercito israeliano ha scattato foto a migliaia di prigionieri palestinesi di Gaza, sostenendo che nessuno di loro appariva "denutrito".
Hamas ha dichiarato di aver accettato, «sulle linee generali» una proposta di cessate il fuoco avanzata da Steve Witkoff, inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente. Secondo quanto riportato da esponenti del gruppo islamista palestinese, la bozza prevede il rilascio di dieci ostaggi israeliani vivi in cambio della liberazione di un numero imprecisato di detenuti palestinesi, il ritiro totale dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza e l’ingresso coordinato di aiuti umanitari. Il testo includerebbe inoltre la formazione di un comitato di tecnici e funzionari «indipendenti» a cui dovrebbe essere trasferita la gestione civile dell’enclave palestinese dopo la guerra, escludendo formalmente un ritorno al potere diretto di Hamas.
Il gruppo islamista ha anche comunicato che, oltre agli ostaggi ancora in vita, consegnerà alle autorità israeliane i corpi di alcuni di loro deceduti durante la prigionia, senza fornire dettagli sul numero o sulle identità. Non sono state specificate nemmeno le cifre relative ai detenuti palestinesi che verrebbero rilasciati da Israele.
Tuttavia, in un clima di dichiarazioni contrastanti, fonti israeliane e statunitensi hanno smentito che ci sia stato un accordo definitivo. Secondo quanto riferito da Reuters e Axios, la risposta di Hamas è stata giudicata «non costruttiva» e «insufficiente» per portare avanti un negoziato credibile. A rendere più incerto il quadro è anche la posizione dello stesso Netanyahu, che nelle ultime settimane ha insistito sulla necessità di proseguire le operazioni militari fino alla «totale eliminazione della minaccia rappresentata da Hamas».
Nel frattempo, l’esercito israeliano ha intensificato le operazioni nel corridoio di Rafah, mentre continuano i bombardamenti su Khan Yunis e sul centro della Striscia. Le forze di difesa israeliane hanno dichiarato di aver distrutto nuovi tunnel sotterranei utilizzati dai miliziani, ma testimoni locali riferiscono di vittime civili tra cui donne e bambini.
In parallelo all’offensiva militare, si aggrava ulteriormente la crisi umanitaria. Secondo l’UNICEF, oltre un milione di bambini a Gaza non riceve più da settimane assistenza sanitaria adeguata, acqua potabile e alimenti salvavita. Le strutture sanitarie sono al collasso, con diversi ospedali resi inagibili dai bombardamenti. Le organizzazioni umanitarie denunciano gravi ostacoli nel raggiungimento della popolazione: le vie di accesso agli aiuti sono bloccate o sottoposte a controlli estremamente rigidi. In risposta a questa emergenza, l’Unione Europea ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti umanitari del valore di 120 milioni di euro, destinato in particolare alla ricostruzione delle infrastrutture di base e all’assistenza medica urgente. L’Italia ha comunicato la ripresa del finanziamento all’UNRWA, con uno stanziamento di 35 milioni di euro vincolato a progetti specifici e soggetto a verifiche per garantire che i fondi non vengano utilizzati da gruppi armati.
Intanto, a sud della Striscia, ha preso il via un nuovo sistema di distribuzione degli aiuti umanitari promosso dagli Stati Uniti, basato sulla consegna via terra coordinata con attori terzi. Ma il piano è stato accolto con scetticismo da diverse ONG internazionali, che denunciano l’assenza di garanzie sulla sicurezza e sulla neutralità del meccanismo. La Croce Rossa e Medici Senza Frontiere hanno avvertito che, senza una cessazione dei combattimenti, ogni sforzo umanitario rischia di essere vano.