La quinta Commissione del Csm ha scelto Francesco Greco per la poltrona di Procuratore di Milano. L’attuale aggiunto milanese, capo del pool per i reati finanziari, ha avuto la meglio su Alberto Nobili, anch’egli procuratore aggiunto a Milano, che coordina la sezione Criminalità organizzata, e su Giovanni Mellilo, capo di gabinetto del ministro Andrea Orlando. Erano questi i tre nomi rimasti in gara per la Procura più importante del Paese. Questi i risultati: 3 voti per Greco (Aschettino, presidente dalla commissione, togato di Area, Balducci, laico di Sel, Fracassi, togato di Area), un voto per Nobili (Galoppi, togato di Mi), un voto per Melillo (Alberti Casellati, laica di FI), astenuto Forciniti, togato di Unicost. Ora la parola passa al Plenum.Non c’è dubbio che la sfida sia stata tutta interna ad Area, la corrente di sinistra delle toghe che da sempre monopolizza con un suo esponente di punta l’ufficio al quarto piano del palazzo di giustizia milanese. Solo per citare qualche nome, Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio e da ultimo Edmondo Bruti Liberati.A riprova di ciò, dei dieci che avevano inizialmente presentato domanda, risultano legati ad Area anche Ilda Boccassini, altro aggiunto milanese, Francesco Gratteri, aggiunto a Reggio Calabria, e Cuno Tarfusser, il rappresentante italiano alla Corte penale internazionale. Nessuna chance, in quest’ottica correntizia, avevano i pur validi Gimmi Amato, procuratore di Trento, iscritto ad Unicost, o Francesco Saluzzo, procuratore di Novara in quota Magistratura indipendente.Se quindi la conferma del predominio sul palazzo di giustizia milanese di Area, che esprime anche il presidente del Tribunale Roberto Bichi, nominato l’estate scorsa al posto di Livia Pomodoro, non fa notizia, il nome di Francesco Greco, già pm di punta di Mani Pulite, potrebbe comunque segnare un cambiamento negli equilibri fra politica e giustizia, dopo gli scontri degli ultimi vent’anni che hanno segnato prima la fine della Prima Repubblica e poi del berlusconismo. Considerato un uomo pragmatico («meglio, per lo Stato, il recupero dei soldi evasi o nascosti nei paradisi fiscali che il carcere»), pur rappresentando la continuazione del cosiddetto “rito ambrosiano” della magistratura (dalla tangente Enimont alla “moratoria” sulla indagini Expo), è comunque ben inserito nei palazzi del potere romano. Greco, oltre ad aver legato il suo nome alle indagini sui crac Parmalat ed Antonveneta, è infatti presidente della Commissione ministeriale sull’Autoriciclaggio. Ben voluto da Matteo Renzi, pare non sia inviso anche ad Arcore.Due parole sugli “sconfitti”. Alberto Nobili, magistrato impegnato nella stagione dei sequestri di persona (a lui si deve la liberazione di Alessandra Sgarella), è persona molto equilibrata, poco mediatica e fuori dai giochi più strettamente correntizi. Un low profile che, in questo caso, si è rivelato un handicap. Giovanni Melillo ha invece pagato la sua stretta vicinanza ad un esecutivo che ha tagliato le ferie ai magistrati ed ha modificato la responsabilità civile delle toghe, provvedimenti visti con il fumo negli occhi dai suoi colleghi.