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Una stagione difficile per i diritti in Italia. Sicurezza, libertà personale, diritto d’asilo e all’accoglienza, tutti messi in forte discussione tanto da animare una discussione inedita che sta stravolgendo le consuete alleanze e il tradizionale punto di vista dei partiti. E così il Pd sembra rincorrere la destra sulle politiche di regolamentazione dei flussi migratori, mentre i cattolici si dividono e non hanno più un punto di vista unitario.
Carlo Giovanardi, senatore di Idea Popolo e Libertà, il gruppo formato a palazzo Madama da Gaetano Quagliariello, analizza la complessa situazione attuale, partendo da un caso assai singolare. Quello legato all’arresto del senatore Antonio Caridi, che aveva militato con Giovanardi in Ncd, ormai avvenuto più di un anno fa. Un anno di custodia cautelare, nonostante le richieste dei legali del senatore di ottenere la scarcerazione, puntualmente disattese dal Tribunale delle Libertà. Né è servito a raggiungere l’obiettivo il ricorso per Cassazione con la Suprema Corte che aveva annullato con rinvio il provvedimento del Tdl che confermava la custodia cautelare in carcere. Il Tdl è stato irremovibile e ha costretto i legali di Caridi a un nuovo ricorso.
Come valuta quello che ormai può definirsi il caso Caridi?
La vicenda credo vada affrontata su due piani. Uno è quello più generale che concerne l’istituto della custodia cautelare che in questo caso si è protratta per più di un anno. Evidentemente qualunque sia l’esito del processo, e non si può certo escludere un’assoluzione, Caridi ha già pagato un prezzo altissimo, tanto da essersi rovinato la vita. Poi c’è il secondo piano che riguarda il caso specifico.
Intende dire che riscontra anomalie nella situazione specifica?
Tutti ricorderanno come sia stata imposta dal presidente al Senato una forzatura, con l’inversione dell’ordine del giorno senza il consenso di nessun gruppo parlamentare per votare sull’arresto del senatore a fine luglio, quando ad agosto ci sarebbe stata la decisione del Tdl. E’ chiaro che quella votazione ha avuto un grande impatto sulla successiva pronuncia del Tribunale
E dell’incartamento arrivato al Senato ormai un anno fa, che idea si è fatto?
Le carte arrivate sono state davvero tante e complesse da esaminare. Per di più possiamo dire che ne sono arrivate due versioni. Secondo la prima Caridi sarebbe stato addirittura uno dei vertici della Cupola, nella seconda versione sarebbe stato, invece, sol- tanto uno che avrebbe contribuito a favorire una cosca. In Senato però non si era ben capito cosa avesse davvero fatto per favorirla. I confini del concorso esterno del resto sono sempre difficili da stabilire. Ma il grosso delle prove riguarda colloqui in cui si parlava elezioni. Non mi pare ci siano comunque elementi per giustificare detenzioni così lunghe.
Il Senato poi non sembra avere sempre adottato lo stesso metro in tema di concessione dell’autorizzazione a procedere…
In generale si dovrebbe usare più prudenza perché nessuno sa chi ha ragione fino alla fine del processo e alla sentenza. Per Azzolini bene avevamo fatto a non concedere l’autorizzazione perché poi si è visto che anche il Tdl ha annullato l’ordine di custodia cautelare. La realtà è che quando ci sono questioni legate alla mafia scattano meccanismi di autotutela e tutti preferiscono non essere accusati di nulla.
Le regole sulla custodia cautelare andrebbero modificate?
Si tratta di fare i processi con rapidità e stabilire il più in fretta possibile se l’imputato è colpevole o è innocente. Trovo intollerabile che possano esistere casi come quello di Calogero Mannino che vede iniziare la sua vicenda giudiziaria nel 1994, nell’ambito della cosiddetta trattativa Statomafia, per poi essere assolto con formula piena nel 2015. Adesso nel 2017 viene avviato un altro processo a suo carico. Ciò vuol dire che dal ’ 94 è ancora all’interno di una vicenda giudiziaria. Si capisce che procedendo così è il processo stesso che diventa la pena, visto che dura tutta una vita.
Senatore, c’è un’altra questione assai spinosa che interroga il diritto e la politica: la regolamentazione dei flussi migratori. Lei si è schierato con il ministro Minniti. Perché?
Condivido in pieno la linea del Ministro dell’Interno per tutta una serie di ragioni. Credo che nessun Paese al mondo possa pensare di accogliere 20 o 30 milioni di persone. Qualsiasi Stato sovrano deve stabilire delle regole precise attraverso le quali riuscire a governare il fenomeno. Fissate le regole, queste vanno rispettate. Ovviamente nessuna restrizione per l’accoglienza per chi chiede asilo o sfugge dalla guerra. Non è possibile però pensare di poter far arrivare decine di milioni di individui che arrivano per le condizioni economiche dei Paesi di origine non sono buone».
Le restrizioni per le Ong la convincono?
Guardi è vero che le Ong svolgono attività benemerite, ma è vero anche che migliaia di persone muoiono annegate nelle operazioni di trasbordo, perdendo la vita anche per arricchire gli scafisti. Servono delle regole: la prima è che la nave che batte bandiera di un Paese, quando ha situazioni di sicurezza a bordo, porti i migranti nei porti di quel Paese, sia esso la Spagna o la Germania. Senza regole si ripeterà all’infinito l’episodio dei soldati accerchiati a Napoli e la xenofobia aumenterà a dismisura. Dire non vogliamo a bordo la Polizia giudiziaria perché è compito dello Stato perseguire gli scafisti, significa equidistanza tra Stato e scafisti. Né con lo Stato, né con le Brigate Rosse si diceva qualche anno fa.
La sua posizione sembra discostarsi da quella della maggioranza del mondo cattolico.
Il mondo cattolico è variegatissimo. Le assicuro che chi opera in prima linea, a partire dai parroci, si rende conto della difficoltà enorme di gestire l’attuale situazione. Serve una politica intelligente di accoglimento e integrazione nei limiti del possibile. Se saltano gli equilibri si mette a rischio la sicurezza delle persone. Le regole servono anche ai milioni di immigrati regolari che vivono e lavorano nel nostro Paese e che subiscono tantissimo l’attuale situazione.