L’ex giudice Baltasar Garzón alla ribalta. Ha fondato un movimento politico in Spagna insieme al magistrato emerito del Tribunale supremo di Madrid, José Antonio Martín Pallín, al leader di Izquierda Unida, Gaspar Llamazares, e a una lunga lista d’intellettuali radical, inclusi alcuni avvocati.

Il movimento si chiama “Actùa” ( vuol dire Agisci, ma anche Recita). Debutta oggi a Madrid e da lì con assemblee organizzate in tutta la Spagna.

Punta al bacino elettorale di Podemos che accusa di «massimalismo retorico» e di «incapacità politica». Si dà un obiettivo: «Far cadere prima possibile il governo del Partido popular perché continua a scolarsi denaro attraverso la corruzione mentre predica la falsa scusa dell’ineludibile e necessaria austerità». Promette di saper restaurare «il welfare state smantellato finora a vantaggio dell’aumento di benessere delle élites più ricche e potenti».

Ha ottime ragioni per preoccuparsi Pablo Iglesias. Dopo aver fatto fuori uno a uno tutti i suoi rivali interni, dopo aver rischiato di pagare lo scotto dell’alleanza elettorale con Izquierda unida sperando invano di riuscire così a sorpassare così il Psoe, dopo aver brigato tanto per piazzare su posizioni radicali la sua Podemos e diventarne capo, rischia ora di trovarsi scavalcato a sinistra da una creatura politica nuova, tanto insidiosa quanto può esserlo un movimento fresco fresco guidato dall’ex giudice simbolo dei no global dei primi anni Duemila.

Garzón oltre alla fama si porta addosso le stimmate del magistrato castigatore dei cattivi costumi tangentari di cui è accusato, in varie inchieste in corso, il Pp al governo.

Un capitale politico prezioso nella Spagna della rivolta elettorale contro i partiti tradizionali. Anche perché dopo aver attraversato tre campagne elettorali e tre elezioni generali in un solo anno per l’impossibilità d’ individuare una maggioranza politica in Parlamento, gli spagnoli si ritrovano premier quel Mariano Rajoy apparentemente inviso a una buona metà dell’elettorato, ma al momento l’unico mostratosi in grado di mettere su un esecutivo. Nell’immaginario del movimentismo di sinistra locale l’ex giudice è una specie di subcomandante Marcos con la toga ( appesa in armadio perché è stato inabilitato nel 2012 dal Supremo all’esercizio della professione per undici anni).

Actùa si presenta come «una piat- taforma di forze progressiste della società civile» e fa sapere di non disdegnare «l’opzione elettorale». Quindi parteciperà alle elezioni. Garzón l’ha praticamente già annunciato: «Se dovremo prendere questa strada senza dubbio lo faremo, ma questo avverrà al momento giusto. La maggioranza sociale in Spagna non è nelle mani del Partito popolare. Eppure il Partito popolare governa perché i rappresentanti del settore progressista non hanno saputo mettersi d’accordo».

Tra i nomi noti che l’hanno fondata, a parte i magistrati, ci sono la giornalista Teresa Aranguren, l’avvocata Cristina Almeida, l’ex rettore dell’Universidad Complutense Carlos Berzosa, l’ex direttore dell’Unesco Federico Mayor Zaragoza. Dicono di voler creare «un patto di forze progressiste alla portoghese», ispirato all’alleanza di governo del Portogallo dove stanno insieme Partito socialista, Partito comunista e Blocco di sinistra. Dice Llamazares, dirigente di lunghissimo corso di Izquierda Unida: «Proponiamo una alleanza rigeneratrice. L’idea è che ci sia dialogo politico a sinistra, cominciamo con il far dialogare la sinistra perché poi si apra agli altri». L’invito quindi è innanzitutto ai socialisti del Psoe, alla stessa Podemos e alle altre forze che hanno chiesto voti negli ultimi anni in Spagna proponendosi all’elettorato come movimenti di non professionisti della politica: da Compromís ( coalizione nata a Valencia, fatta di nazionalisti e sinistra ecologista) a Ciudadanos, l’omologo di Podemos spuntato a destra e che alle ultime elezioni è andato male perché non ha sottratto voti né alla sinistra né alla destra.

L’avvocata Cristina Almeida rimprovera a Podemos di «muoversi sempre in solitaria, il che equivale a non muoversi affatto». «Noi vogliamo invece che la sinistra non si concentri tanto sulle figure di singoli individui e sulle loro singole iniziative» dice lei. «Perde sempre quando fa così. Vorremmo costruire una base politica per un’opposizione efficace al Pp. Noi vogliamo davvero togliere il governo dalle mani del Pp. Per farlo serve una forza che unisca».

L’ex giudice Garzón, riferendosi al Psoe e a Podemos, è ancora più esplicito: «Io come cittadino sono molto indignato che pur esistendo una maggioranza progressista lì dentro, non siano capaci di trovare consenso su un programma minimo. Si distruggono tra loro e le aspettative che hanno creato restano orfane». La guerra per il consenso a sinistra è dichiarata.