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Parole durissime quelle pronunciate ieri pomeriggio della guardasigilli Marta Cartabia sul pestaggio avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere lo scorso sei aprile: «Abusi intollerabili che non possono avere cittadinanza nel nostro Paese» si legge in un comunicato di via Arenula in cui viene sottolineato «il tradimento» dell’articolo 27 della Costituzione che richiama esplicitamente «il “senso di umanità”, che deve connotare ogni momento di vita in ogni istituto penitenziario». La ministra, sottolineando come in casi di questa gravità non basti l’indignazione, promette un intervento tempestivo: «Ho chiesto un rapporto completo su ogni passaggio di informazione e sull’intera catena di responsabilità. Ci vuole una verifica a più ampio raggio, in sinergia con il Capo del Dap, con il Garante nazionale delle persone private della libertà e con tutte le articolazioni istituzionali, specie dopo quest’ultimo difficilissimo anno, vissuto negli istituti penitenziari. Oltre quegli alti muri di cinta delle carceri – prosegue Cartabia - c’è un pezzo della nostra Repubblica, dove la persona è persona, e dove i diritti costituzionali non possono essere calpestati. E questo a tutela anche delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che sono i primi ad essere sconcertati dai fatti accaduti».
In una riunione straordinaria al Ministero di Giustizia sulla situazione nelle carceri con il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ( Dap), Bernardo Petralia, il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma e il Sottosegretario Francesco Paolo Sisto. Cartabia ha chiesto un rapporto a più ampio raggio anche su altri istituti, sollecitando un incontro con tutti gli 11 Provveditori regionali dell’Amministrazione penitenziaria e un analogo incontro con tutte le rappresentanze sindacali del personale dell’Amministrazione penitenziaria, sia del Corpo di Polizia Penitenziaria che delle altre figure professionali, già fissato per il 7 luglio. Nel corso dell’incontro tata ribadita la necessità di procedere al ripristino dell’intera rete di videosorveglianza attiva negli istituti. È stata infine sottolineata la necessità di rafforzare ulteriormente l’attività di formazione, già in corso, di tutto il personale dell’Amministrazione penitenziaria, anche con l’incremento delle professionalità destinate alla formazione obbligatoria.
Nella mattinata la vicenda era piombata in Parlamento con il segretario del Pd Enrico Letta che aveva espresso una dura condanna del pestaggio le cui immagini sono state pubblicate dal quotidiano Domani e che ha portato a 52 misure cautelari, emesse dal gip del comune campano, che lunedì mattina hanno raggiunto altrettanti agenti e dirigenti della polizia penitenziaria. Per Letta si tratta di «immagini gravissime perché ascrivibili a chi deve servire lo Stato con lealtà e onore».
Parole dello stesso tenore sono risuonate ieri anche nell’Aula di Montecitorio dove il deputato Emanuele Fiano ha detto che si tratta di «violenze che ci fanno inorridire, violenze non lecite in un Paese democratico come il nostro, con detenuti picchiati e umiliati senza motivo». Per il momento in carcere sono finiti un ispettore coordinatore del Reparto Nilo insieme ad altri 7 agenti. Ai domiciliari invece si trovano in 18 tra cui il comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del Centro penitenziario di Napoli Secondigliano. Un provvedimento che ha colpito anche il comandante dirigente della Polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, la commissaria capo responsabile del Reparto Nilo, un sostituto commissario, tre ispettori coordinatori di sorveglianza generale e 11 agenti. Che le indagini non stiano trascurando funzioni apicali lo dimostrano gli obblighi di dimora per 3 ispettori, e via via fino ai massimi gradi con la sospensione dal servizio del comandante investigativo del nucleo regionale di Napoli e soprattutto del provveditore regionale delle carceri della Campania Antonio Fullone.
Contro l’azione della Procura si sono schierati i sindacati di polizia come il Sappe che ha definito i provvedimenti abnormi «considerato che dopo un anno di indagini mancano i presupposti ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato e il pericolo di fuga». Sulla vicenda ha parlato anche l’Unione delle camere penali che, pur condannando il pestaggio dei senza mezze misure, denuncia «la indebita spettacolarizzazione di una indagine penale: la diffusione di foto e video dei denunciati per atti di violenza - certamente indegni per un paese civile- che hanno accompagnatoi provvedimenti cautelari, prima ancora di qualsiasi forma di contraddittorio con le difese degli indagati, resta inammissibile e gravemente lesiva del principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza».