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La flotta italiana della Global Sumud Flotilla parte dal porto di Siracusa, Italia - 11 settembre 2025 Cronaca (foto Sebastiano Diamante/Lapresse) The Italian fleet of the Global Sumud Flotilla departs from the port of Syracuse, South Italy - September 11, 2025 News (photo by Sebastiano Diamante/Lapresse)
Le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla potrebbero trovarsi giovedì di fronte alle coste di Gaza. È difficile prevedere la reazione delle forze armate israeliane. Nell’attuale contesto una bussola è fornita ancora dalle norme del diritto internazionale. Il viaggio nelle acque internazionali non suscita preoccupazioni. Le cose, però, cambierebbero drasticamente nel caso di forzatura del blocco militare imposto da Israele.
Da Tel Aviv nel frattempo vengono indirizzate accuse molto gravi agli organizzatori della missione umanitaria nel Mediterraneo. Il quotidiano “Times of Israel” ha riferito che il ministero degli Esteri israeliano è entrato in possesso di alcuni documenti che provano i legami tra gli attivisti della Flotilla e Hamas. I file, recuperati dalle truppe israeliane a Gaza, rivelerebbero il «coinvolgimento diretto» del gruppo terroristico in una missione di attivisti al momento impegnata con decine di imbarcazioni a sfidare il blocco navale israeliano della Striscia.
Il ministero degli Esteri ha evidenziato il legame tra la “Conferenza per i palestinesi all’estero” (considerata da Tel Aviv un’organizzazione terroristica) e Hamas. La prova è rinvenibile «in una lettera del 2021, firmata dal capo dell’ufficio politico del gruppo, Ismail Haniyeh, che sostiene pubblicamente l'organizzazione e invita il suo presidente all’unità». Zaher Birawi, giornalista palestinese-britannico di un canale televisivo satellitare in lingua araba con sede a Londra, è considerato un appartenente alla “Conferenza per i palestinesi all’estero” ed è stato tra i fondatori della Freedom Flotilla International Coalition.
Nello scenario di sistematiche violazioni del diritto internazionale da parte di Israele è utile soffermarsi su alcuni principi che vengono dati per scontati o considerati inesistenti in merito all’avvicinamento della Global Sumud Flotilla alle coste di Gaza. Sull’intervento – dato per scontato - da parte delle forze israeliane per impedire alla Flotilla di violare il blocco navale interviene Loris Marotti (associato di diritto internazionale nel dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Federico II”).
«Occorre – dice il professor Marotti - partire da una premessa. In alto mare, un mare internazionale, vige il principio della libertà di navigazione. Ogni Stato può far navigare liberamente navi battenti la propria bandiera, chiaramente nel rispetto dell’eguale libertà degli altri Stati. A questo principio di carattere generale se ne aggiunge un altro. Secondo il principio della giurisdizione, una nave che si trova in alto mare è soggetta esclusivamente alla giurisdizione dello Stato di cui batte bandiera. Tali principi sono codificati anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Se le imbarcazioni sono nel mare internazionale, Israele non può limitare la libertà di navigazione e non può fare interventi di tipo coercitivo sulle navi straniere. Se ciò avvenisse, ci troveremmo di fronte ad un illecito dal punto di vista del diritto internazionale. Si tratterebbe di un illecito particolarmente grave qualora Israele usasse la forza armata nei confronti delle imbarcazioni, perché si tradurrebbe in una violazione del divieto di uso della forza nei confronti dell’Italia, qualora si trattasse di una nave battente bandiera italiana, o della Spagna, qualora si trattasse di una imbarcazione battente bandiera spagnola e così via».
Un punto rilevante, collegato alla missione della Flotilla, riguarda la competenza delle forze di intervento nelle acque di Gaza. A chi appartiene? «È una questione – spiega Marotti - sicuramente controversa nella misura in cui, stando a quanto impone il diritto internazionale, la competenza spetterebbe allo Stato Palestinese. La Palestina, tra l’altro, è parte della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e avrebbe diritto, come altri Stati della comunità internazionale, ad un mare territoriale che si estende per 12 miglia dalla costa, dalla linea di base. Tuttavia, si tratta, come è noto, di un territorio di acque occupate illegittimamente da Israele. C’è, quindi, un illecito a monte commesso da Israele, consistente in questa occupazione. Questo non lo dico io, lo ha ribadito da ultimo la Corte internazionale di giustizia in un parere del luglio 2024. Israele in aggiunta ha imposto un blocco navale nelle acque di Gaza. Siamo quindi in presenza di una situazione che vede da un lato il controllo delle autorità israeliane su queste acque e dall’altro un controllo che è illegittimo dal punto di vista del diritto internazionale, perché spetterebbe alla Palestina».
Nel contesto in esame emerge un’altra questione. «In ogni caso – aggiunge il professore Marotti -, pur prendendo atto del controllo di Israele sulle acque palestinesi, resta il dato che, ai sensi del diritto internazionale umanitario, che si applica nel contesto di conflitti armati, un blocco navale non si può tradurre né in una punizione collettiva nei confronti della popolazione né può arrivare ad impedire l’ingresso di aiuti umanitari. Israele avrebbe l’obbligo di proteggere la popolazione civile e non strangolarla, impedendo l’accesso di risorse necessarie alla sopravvivenza».
Vietare l’arrivo e la distribuzione di qualsiasi aiuto umanitario via mare a Gaza aggrava la posizione di Israele. «Purtroppo – conclude Marotti -, non si hanno molte informazioni a disposizione. Il problema della situazione attuale di Gaza è anche di tipo conoscitivo. Non ci sono giornalisti indipendenti, in grado di fornire notizie direttamente dal campo. Comunque, anche in questo caso siamo di fronte ad una possibile grave violazione del diritto internazionale umanitario che consisterebbe nell’affamare la popolazione, direttamente o indirettamente, attraverso blocchi navali o comunque misure restrittive rispetto all’ingresso di beni di prima necessità nella Striscia. L’iniziativa della Global Sumud Flotilla ha una natura simbolica, a mio parere utile per fare pressione non solo nei confronti dello Stato d’Israele, che si sta macchiando di numerose violazioni del diritto internazionale. Può servire a sensibilizzare la comunità internazionale, affinché non sia inerte di fronte a quanto sta accadendo».