Più di settant’anni insieme e la voglia di andarsene non hanno fiaccato lo spirito dei primi tempi, quando gli innamorati si tengono per mano. Anzi, l’ultimo atto politico dell’ex premier olandese Dries van Agt è stato anche qualcosa di più, un gesto d’amore: ha scelto non soltanto quando morire, ma anche con chi. E cioè con la sua inseparabile moglie Eugenie - “la mia ragazza”, amava dire lui - che ha condiviso la decisione di finire la vita tramite eutanasia di coppia, lunedì 5 febbraio, quando se ne sono andati «mano nella mano» a 93 anni.

In Olanda questa è una scelta non solo possibile, ma anche in aumento, seppure poco frequente. Rilevati per la prima volta dal 2020, anno nel quale 26 persone hanno avuto accesso all’eutanasia insieme ai loro partner, i casi sono diventati 32 l’anno successivo e 58 nel 2022. Dunque una piccola percentuale dei 8720 casi totali di eutanasia registrati dalla Commissione Regionale di Controllo Eutanasia olandese, circa il 5 per cento dei decessi avvenuti nel 2022. «L’interesse è in crescita, ma ancora raro. È un puro caso che due persone stiano soffrendo insopportabilmente senza alcuna prospettiva di sollievo allo stesso tempo... e che entrambi desiderino l’eutanasia», spiega Elke Swart, portavoce del Centro che nei Paesi Bassi si occupa di guidare i medici e i loro pazienti nei percorsi di fine vita.

Le richieste di coppia, come tutte le altre, sono analizzate secondo criteri molto rigidi e iter individuali. Entrambi i richiedenti devono soddisfare i requisiti previsti dalla legge 37 del 10 aprile 2001, che ha reso l’Olanda il primo paese al mondo a regolamentare l’eutanasia e il suicidio assistito.

Le norme mettono al centro la volontà del cittadino e la responsabilità del medico, a cui spetta autorizzare la morte del paziente in base a sei criteri: che si tratti di una richiesta volontaria, consapevole, incondizionata e ben ponderata del paziente; che ci si trovi di fronte a una sofferenza insopportabile, senza alcuna speranza di miglioramento; che il medico abbia informato il paziente della situazione clinica in cui si trova e sulle prospettive che ne derivano; che entrambi giungano alla convinzione che per la situazione in cui il paziente si trova non vi sia altra soluzione; che sia stato consultato almeno un altro medico indipendente, non coinvolto nella cura del paziente; che l’eutanasia e l’assistenza al suicidio siano attuati in maniera scrupolosa dal punto di vista medico.

L’operato del medico è infatti sottoposto al controllo della commissione regionale, che analizza i casi segnalati. Tra le sofferenze per le quali l’eutanasia è ammessa rientrano anche quelle psichiche, comprese la malattia mentale e la depressione. Non è previsto, dunque, che si tratti di una patologia terminale e che il paziente dipenda da un “trattamento di sostegno vitale”, come stabilito in Italia con la sentenza Cappato/Dj Fabo, che regola l’accesso al suicidio assistito in mancanza di una legge in materia. Ma si tratta comunque di percorsi complessi, e per intraprenderli non basta certo esprimere una volontà di coppia.

Dries van Agt e sua moglie erano malati da tempo, come ha spiegato l’organizzazione The Rights Forum, fondata nel 2009 dall’ex politico per difendere i diritti del popolo palestinese.

Primo ministro cristiano-democratico dei Paesi Bassi dal 1977 al 1982, nel 2019 Van Agt aveva avuto un’emorragia cerebrale durante un discorso pubblico e non si era mai ripreso del tutto. La sua formazione cattolica non gli ha impedito di scegliere un percorso di fine vita, dopo essersi spostato su idee sempre più progressiste - radicali, diremmo in Italia - dall’abbandono della scena politica nel 2021, quando ha lasciato il suo partito in polemica con l’approccio cristiano-democratico di centro-destra nei confronti di Israele e dei palestinesi. Inizialmente schierato su posizioni opposte, Van Agt era giunto a una svolta politica dopo un viaggio in Israele.

Professore di diritto penale e già ministro della giustizia, «era interessato a tutto e a tutti», scrivono di lui i membri della sua organizzazione per i diritti umani, che lo descrivono come una «personalità accattivante e sorprendente, che utilizzava un idioma tipicamente fiorito e alquanto arcaico». Un uomo dalle «convinzioni chiare», che ha «dato colore e sostanza alla politica olandese in un periodo di polarizzazione e rinnovamento dei partiti», dice il primo ministro olandese Mark Rutte. Un uomo che ha scelto come vivere e come morire, dunque, stringendo per l’ultima volta la sua Eugenie, «àncora e sostegno» della sua vita.