Una corte d'appello turca mercoledì ha confermato la condanna per uno dei principali oppositori del presidente Recep Tayyip Erdogan, confermando così l’ergastolo ai danni di Osman Kavala, l uomo di affari, filantropo e attivista nato a Parigi, condannato nell'aprile scorso al carcere a vita senza possibilità di libertà condizionale dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver cercato di rovesciare il governo finanziando le proteste di piazza nel 2013.

Insieme a Kavala altri sette imputati sono stati condannati a 18 anni di reclusione con l'accusa sempre di aver partecipato al movimento di Gezi park nato nel maggio di nove anni fa quando migliaia di giovani occuparono il parco storico di Istanbul destinato alla distruzione per attuare una speculazione edilizia.

La polizia intervenne per sgomberare il presidio lasciando sul terreno una scia di sangue: in seguito alla protesta si tennero manifestazioni in tutto il Paese e il movimento pagò un prezzo molto alto, con 8mila feriti, quattro morti e uno strascico giudiziario che ha visto procedimenti penali contro almeno 5mila persone.

La vicenda giudiziaria di Kavala può in tal senso essere considerata il simbolo di come la giustizia turca sia dominata dal potere politico di Erdogan che in questi anni ha polverizzato l’indipendenza della magistratura consolidando la sua influenza diretta so ogni apparato pubblico.

Arrestato nel 2017 all'aeroporto di Istanbul un tribunale lo aveva assolto e rilasciato nel febbraio 2020, ma fu incredibilmente di nuovo arrestato prima di tornare a casa con l'accusa di essere coinvolto nel fallito tentativo di colpo di stato del 2016 contro Erdogan.

Una motivazione palesemente pretestuosa e giuridicamente irregolare così come ha riconosciuto la Corte Suprema europea. In realtà Kavala è conosciuto come un uomo d'affari pacifico che ha speso parte della sua ricchezza per promuovere la cultura e progetti volti a riconciliare la Turchia e la sua storica nemica Armenia.

Uno spirito prettamente antinazionalista e umanista antitetico alle politiche espansionistiche della Turchia odierna. Erdogan non a caso lo ha sempre dipinto come un agente di sinistra al soldo del miliardario americano, di origine ungherese, George Soros, che stava usando denaro straniero per cercare di rovesciare lo stato.

Il caso fin dall'inizio ha avuto concreti riflessi internazionali aumentando le tensioni tra Europa, Usa e Turchia. Quest'ultima ha tranquillamente ignorato una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che chiedeva il rilascio immediato di Kavala, considerato come un perseguitato politico.

Alla notizia della conferma della condanna all’ergastolo di Kavala, la Casa Bianca si e detta profondamente turbata, Vedant Patel, portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha commentato con amarezza la decisione della Corte d appello turca: «La sua ingiusta condanna è incompatibile con il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. Il popolo turco merita di esercitare i propri diritti umani e le libertà fondamentali senza timore di ritorsioni. Chiediamo nuovamente alla Turchia di rilasciare Osman Kavala». Analoga richiesta è stata formalizzata anche dalla Germania.

L'unica speranza di ribaltare il verdetto e ormai affidata alla Corte Suprema turca alla quale dovrebbero appellarsi gli avvocati difensori. Un eventualità che comunque non lascia aperti molti spiragli di speranza per ottenere un giudizio equo e indipendente. Erdogan infatti ha il controllo della stampa che ha già sentenziato la colpevolezza di Kavala, l'agenzia di informazione statale Anadolu ha diramato le veline del governo secondo cui la corte d'appello ha stabilito che il verdetto di aprile rispettava la legge.