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Le elezioni farsa, come vengono da più parti definite, in corso in Russia fino a domani consentiranno a Vladimir Putin di dimostrare ancora una volta al mondo la sua idea di democrazia e la sua prepotente forza politica. Per i 114 milioni di elettori russi non c’è sostanzialmente nessuna alternativa al boss del Cremlino, destinato ancora a segnare i destini della politica di Mosca e internazionale, tanto che in alcune visite qua e là per la Russia non si è mai comportato come se fosse in campagna elettorale. Nel 2008, a riprova della sua particolare visione del mondo, definì l’appuntamento con le urne «una inconcepibile perdita di tempo». Una idea che non è cambiata nel corso del tempo, anzi si è rafforzata.
Gli altri candidati “materasso”, Nikolai Kharitonov del partito Comunista, Vladislav Davankov di «Novye Liudi» (Gente Nuova), Leonid Slutskij, successore di Vladimir Zhirinovskij e oggi esponente del partito Liberal-democratico, sono relegati alla marginalità e all’anonimato politico. Secondo un sondaggio del centro panrusso sull’opinione pubblica, “Vtsiom”, Vladimir Putin otterrà l’82% delle preferenze e l’affluenza al voto per le elezioni presidenziali sarà del 71%.
In queste giornate dedicate al voto non mancano le notizie relative ad alcuni presunti brogli elettorali. In uno dei seggi allestiti nella città di Voronezh, alcuni osservatori indipendenti che stanno verificando l’andamento delle operazioni di voto, hanno notato la presenza del ritratto di Putin e chiesto di coprirlo un lenzuolo. La presenza di immagini dei candidati nei seggi è illegale. La commissione elettorale ha autorizzato a coprire il poster di Putin con un lenzuolo.
Sempre a Voronezh è stato segnalato l’inserimento di numerose schede elettorali nelle urne prima dell'inizio ufficiale delle votazioni. Il governo della regione di Voronezh si è affrettato a smentire le notizie sui presunti brogli, etichettandole come fake news della “propaganda “filo-occidentale e filo-ucraina”.
Ovd-Info, organizzazione impegnata nella difesa dei diritti umani, ha comunicato sui propri canali social - «stiamo lavorando in queste ore in modalità rafforzata», si legge - un numero di telefono al quale risponderanno alcuni avvocati per fornire assistenza legale a tutti gli elettori che denunciano pressioni, anche nelle vicinanze dei seggi, per sostenere un candidato ben preciso.
L’analista politico indipendente Vitaliy Averin non intravede nel futuro prossimo alcuna novità. Il copione, con la protervia di Vladimir Putin, continuerà a ripetersi. «Finché in Russia – dice al Dubbio - esisterà un’autocrazia personalistica, questo copione si ripeterà di elezione in elezione. Putin può essere considerato come “il candidato di base”. Ma tale candidato può essere cambiato ed è possibile offrire qualche elemento di novità solo se si permette ad altre persone di concorrere alla pari. Ad esempio, il Cremlino avrebbe potuto consentire a Boris Nadezhdin di partecipare alle elezioni presidenziali, ma così non è stato». Dunque, neanche una parvenza di democrazia.
In Russia il dissenso viene represso con sanzioni pesantissime che colpiscono avvocati, giornalisti e intellettuali. «Questa – afferma Averin - può e deve essere definita una politica del terrore. Il regime sta cambiando e sta diventando sempre più repressivo». Un mese fa, dopo la morte di Alexei Navalny, i russi hanno voluto ricordare l’oppositore morto nella colonia penale siberiana di “Polar wolf” lasciando fiori nei pressi dei monumenti di numerose città, Mosca e San Pietroburgo comprese. «Il regime al potere – commenta Vitaliy Averin - ha tradizionalmente paura delle manifestazioni popolari di massa. Navalny ha svolto il ruolo più importante nella vita politica della Russia e la sua morte significa l'inizio di una nuova fase nella storia moderna del mio Paese. In questo contesto la vita di chi contesta Putin diventa molto difficile. Il diritto alla difesa non è garantito e tutelato. Qualsiasi oppositore del Cremlino può essere eliminato sia attraverso la polizia che attraverso i tribunali, ma anche con metodi criminali. Una opposizione politica comunque penso che sia possibile, soprattutto a livello locale e regionale, ma al momento i cambiamenti possono essere avviati solo dalla classe dirigente. Possono verificarsi in caso di morte di Putin o di colpo di Stato. Sono convinto che questo sia il momento più triste per la Russia nella sua storia post-sovietica».
La giornalista Marina Ovsyannikova, diventata famosa per aver esposto un cartello contro la guerra nel marzo 2002, durante l’edizione serale del telegiornale di Channel One, vive da oltre un anno in Francia. È riuscita a fuggire da Mosca con la figlia adolescente, dopo l’avvio di una serie di processi a suo carico che, sicuramente, come successo in altri casi, l’avrebbero portata dietro le sbarre. «Il 17 marzo, alle 12, - ha scritto sulle sue pagine Telegram e Facebook la reporter dissidente - ho intenzione di infrangere il divieto della polizia francese di avvicinamento all'ambasciata russa. Domani, a mezzogiorno, mi unirò a tante altre persone per esprimere il mio più profondo disprezzo per il regime di Putin. Avrei voluto scrivere il nome di Navalny sulla scheda elettorale. Ma si tratta per me di una missione impossibile. In primo luogo, sono ricercata e, poi, ho lo status di rifugiato politico, senza passaporto russo. La mia all’iniziativa “Mezzogiorno contro Putin” so anche che è rischiosa per tutti i cittadini liberi».