«Mi sveglio almeno una volta a settimana con il cuore che va a mille e un senso di angoscia e paura: Donald Trump avvelena le mie notti». Michelle Goldeberg è una giornalista politica del sito d'informazione slate. com ed è alla sua quarta campagna presidenziale. Siccome gli è venuta la curiosità di sapere se la sua nevrosi fosse condivisa da altri, ha contattato una piscanalista di sua conoscenza per avere qualche informazione utile: «Mi sono fatta trasmettere una lista di terapeuti a cui ho chiesto se la prospettiva dell'elezione di Trump turbasse il sonno e la veglia dei loro pazienti. In appena un'ora ho ricevuto una dozzina di conferme». Così Goldeberg ha deciso di realizzare una piccola inchiesta pisco-politica; I risultati sono sorprendenti. Carol Watch, psicologa a Manatthan spiega come una sua paziente, nipote di sopravvissuti dell'Olocausto, «crede di rivivere quel che le raccontavano i suoi nonni ed è terrorizzata dalla possibile vittoria del tycoon». E non è certo l'unica a vivere con angoscia l'ascesa di quello che sta diventando una specie di Freddie Kruger della vita politica americana, un Babau che muove paure ancestrali. «Su una media di sette sedute al giorno, in cinque o sei mi parlano di Trump e lo fanno con estrema inquietudine; altri mi dicono che evitano di pensarci per non stare male». Era dagli attentati dell11 settembre che le nevrosi degli americani non venivano così alimentate da una causa esterna. Dorie Chamberlain, casalinga di 54 anni residente a Los Angeles ammette di evocare lo spauracchio ogni volta che va dallo psicanalista e illustra in questo il livello di ansia che Trump le procura da qualche tempo: «Ho l'impressione di vivere in una casa in cui tutti stanno urlando! ». Liz, una fotografa 45enne di Mineapolis racconta che da alcune settimane ha continui sbalzi d'umore, emicranie e a volte ha difficoltà nel respirare: «Non faccio un lavoro stressante non capivo da cosa dipendesse. Poi una sera sono rientrata a casa, ho acceso la tv e l'ho visto. Mi sono subita sentita male. Quest'uomo è capace di far saltare in aria il Paese, potrebbe scatenare una guerra civile o addirittura la Terza guerra mondiale, non riesco a credere che possa vincere, pù si avvicina la data delle elezioni più mi sento agitata». La trump-fobia si nutre naturalmente di immagini eccessive, di iperboli, di chiare esagerazioni, ma quel che conta non è il pericolo effettivo rappresentato dal magnate e dal suo circo di provocazioni elettorali quanto la sua capacità di agire sull'immaginario collettivo in chiave negativa. Praticamente un esaurimento nervoso in scala nazionale. Le "vittime" di questa sindrome, per lo più elettori progressisti, soffrono di insonnia, incubi, mal di testa, problemi digestivi. Alcuni, travolti dalla preoccupazione, si rifugiano nell'apatia o in stati pre-depressivi. Fiachra O'Sullivan, piscoterapeuta di San Francisco specialista dei problemi di coppia, nota come «l'aggressiva campagna elettorale del candidato repubblicano faccia distrarre le persone dal proprio partner, verso cui sono molto meno presenti». Molto curiose le considerazioni di Heater Silvestri, responsabile di un gruppo di meditazione e di aggiornamento riservato ai professionisti della salute mentale, una specie di meta-terapeuta. Silvestri è convinta che la repulsione suscitata da Trump in particolare tra le giovani donne sia legata al fatto che il tycoon le ricorda in qualche modo il loro ex, perché in fondo quasi ogni ragazza è inciampata in un fidanzato cafone, egocentrico e misogino. Il modo in cui tratta la sua rivale Hillary Clinton riattiva il cliché maschilista e fa scattare il senso di oppressione: «Quando rompi con qualcuno del genere hai bisogno di spazio, con Trump alla ribalta hanno l'impressione di soffocare». Anche Kimberly Grocher, psicologa afroamericana di New York ha notato «sentimenti di depressione» tra coloro che vengono colpiti dalla trump-fobia, un fenomeno che non causa moti di ribellione ma una paralisi diffusa. Il tutto aiutato dal fatto che la navigata Hillary non riesce a suscitare grandi entusiasmi: «È un'angoscia onnipresente che genera un senso di impotenza e che si insinua in ogni seduta». Molti pazienti di Grocher sono neri e la loro paura è amplificata dall'insicurezza che sta vivendo la comunità afroamericana, letteralmente bersagliata dalla polizia: temono che la vittoria di Trump possa far degenerare una situazione già di per sè esplosiva. D'altra parte il candidato repubblicano, difensore del law and order ha promesso a più riprese che quando conquisterà la Casa Bianca «la polizia municipale sarà molto più severa». E in molti si rivolgono allo psicologo come fosse un indovino, chiedendo rassicurazioni sul fatto che quel brutto ceffo non diventerà mai presidente e che possono dormire sonni tranquilli. Magari, come spiega Andrea Gitter del Women's Therapy Centre Institute «questa non è necessariamente una patologia, ma può essere una reazione umana», ma è sicuro che per milioni di americani Donald Trump fa male alla salute.