La guerra in casa. Ai russi non accadeva dal 1945, durante le ultime vittoriose battaglie contro la Wehrmacht. Mai da allora truppe straniere hanno varcato i suoi confini nazionali. Il che può anche alimentare per, analogia storica, la propaganda della cosiddetta ”operazione speciale”, sferrata per punire gli “ucraini- nazisti”, ma, per l’appunto si tratta di propaganda. La realtà ci dice che la Russia siu trova ad affrontare uno scenario che non aveva fin qui previsto.

L’offensiva a sorpresa dell’esercito ucraino, che dichiara di controllare un migliaio di chilometri quadrati nella regione di Kursk (l’equivalente dell’area metropolitana della città Roma) una dozzina di villaggi e una settantina di insediamenti, è infatti un colpo durissimo e inatteso per Vladimir Putin. Dal punto di vista psicologico e simbolico, ma con effetti materiali tangibili nell’immediato.

Sono infatti oltre 120mila i civili russi evacuati «a causa delle attività del nemico lungo la frontiera», come spiega il governatore Viatcheslav Gladkov, un numero destinato ad aumentare nelle prossime ore fino a duecentomila. Le autorità di Mosca parlano di evacuazione controllata, specificando che gli sfollati saranno ospitati nei sanatori e nei pensionati che sorgono sul Mare d’Azov, ma diverse migliaia di persone sono fuggite da sole, si sono arrangiate con mezzi di fortuna, mettendo in luce una feroce mancanza di coordinamento nelle operazioni di soccorso ai civili, molti dei quali abbandonati a se stessi. In una settimana di scontri circa venti civili russi hanno perso la vita, mentre un centinaio è rimasto ferito e tra i residenti si è diffusa un’ondata di panico.

L’ultima volta che parte della popolazione russa è stata costretta a scappare dalle proprie abitazioni a causa di un conflitto risale alla seconda guerra di Cecenia (1999- 2009), all’epoca però i soldati del Cremlino non dovevano fronteggiare un esercito regolare ma combattevano una guerra asimmetrica contro milizie jihadiste senz’altro motivate ma anche mal equipaggiate.

Dopo mesi di depressione e di stallo le truppe di Kiev hanno così ritrovato slancio e morale, penetrando per 35 chilometri oltre confine senza praticamente incontrare resistenza ( l’area era sguarnita e Mosca ha potuto reagire solo con il lancio di alcuni droni), un azione impensabile fino a qualche settimana fa.

Il presidente ucraino Zeklensky ha salutato l’offensiva complimentandosi con i vertici dello Stato maggiore e con i comandanti sul campo, precisando però che l’Ucraina non ha alcuna intenzione di annettere territori russi e che prima o poi li renderà. L’occupazione dei distretti di Kursk potrebbe invece rivelarsi molto preziosa in un eventuale negoziato per riottenere le regioni del Donetsk annesse da Mosca. Gli stessi media governativi russi, che puntano il dito contro «l’avventuriero Zelensky», sono convinti che sia questa la strategia ucraina a medio- lungo termine.

L’iniziativa di Kiev in primo luogo serve a togliere certezze agli avversari, a scoraggiare la più potente ma anche poco organizzata armata russa: «Abbiamo compiuto e continueremo a compiere offensive del genere per costringere la Russia a una pace giusta, sono costantemente in contatto con il comandante in capo Oleksandr Syrskyi, ricevendo resoconti sulla situazione in prima linea e sulle nostre operazioni nella regione di Kursk. Nonostante le battaglie difficili e intense, le nostre forze continuano ad avanzare nella regione», aggiunge su Telegram il presidente ucraino.

Naturalmente, il Cremlino non ci sta e annuncia una risposta rabbiosa allo smacco di Kiev, liquidato come un atto di terrorismo: «L’incursione ucraina nella regione russa di Kursk è la migliore smentita per tutti i nostri partner internazionali che sostenevano che il regime di Kiev fosse orientato verso una soluzione pacifica della crisi.

La risposta è stata ricevuta ed è una scelta inequivocabile a favore dell’escalation e dell’azione militare. Non dite poi che non vi avevamo avvertito», le parole del vice rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, Dmitry Polyansky, durante una riunione informale del Consiglio di Sicurezza sui «crimini delle forze armate ucraine e dei battaglioni nazionali». Polyanskyy ha sottolineato che l’attacco dell’esercito di Kiev «è un passo di cui senza dubbio si pentirà amaramente».