Nel Donbass conteso tra Kiev e Mosca la popolazione vive sospesa, sull'orlo del precipizio di una possibile guerra. In molti prevale la paura che i bombardamenti sempre più intensi siano il preludio ad un conflitto su larga scala, tanto che decine di migliaia di persone sono già fuggite oltre confine, a Rostov, mentre cresce la richiesta di passaporti russi. Allo stesso tempo c'è chi vive questa crisi con cauto fatalismo. Nella convinzione, probabilmente la speranza, che i tank di Vladimir Putin non entrino mai in azione. Il cessate il fuoco nelle regioni separatiste di Lugansk e Donetsk è ormai un ricordo sbiadito, anzi i colpi di mortaio risuonano ad un ritmo 5 volte superiore rispetto ad un anno fa. E poco importa chi spari per primo, se i filo-russi o le forze armate ucraine: «Non posso sopravvivere a un'altra notte come questa. Ho davvero paura», racconta alla Cnn, una donna che vive alla periferia di Donetsk. Lei ed i suoi figli vogliono trasferirsi in centro, contando sul fatto che da quelle parti i proiettili voleranno meno frequenti. I suoi vicini invece si sono convinti che restare in città fosse troppo pericoloso e sono partiti per la Russia, accogliendo l'appello delle autorità locali ad evacuare. A costo di sfidare il gelo in un accampamento di tende dalle parti di Rostov. Proprio nella città che si affaccia sul fiume Don, il principale agglomerato urbano della Russia meridionale, a un centinaio di chilometri dal confine, i profughi sono già 40mila, secondo le autorità di Mosca, ma le code chilometriche di auto partite dall'Ucraina fanno capire che il numero gli sfollati è destinato a crescere sempre di più. Tutto questo mentre, sempre secondo Mosca, quasi un milione di persone hanno chiesto la cittadinanza russa, oltre ai 770mila che l'hanno già ottenuta. Rispetto ad una popolazione complessiva della regione di circa 5 milioni. L'atmosfera è cupa anche a Lugansk, come emerge tra le tante testimonianze rese ai media internazionali sul campo. «La gente se ne va, le scuole sono chiuse, stanno per chiudere anche negozi e palestre, e gli alimentari sono presi d'assalto», racconta una ragazza del posto, Anna, che nel caso la situazione dovesse peggiorare si sposterà immediatamente a Severodonetsk, città controllata da Kiev, a due ore di auto più a nord. Molte famiglie invece hanno scelto di non andarsene, perché «le mogli non vogliono lasciare i loro mariti», chiamati dalle autorità locali alla mobilitazione generale in caso di guerra, spiega Alina. Per quelli che restano le cose non sono facili. A partire dai bambini, chiusi in casa, che stanno vivendo questi giorni drammatici con evidenti scompensi psicologici. Nella regione, comunque, non mancano le persone che cercano di vivere come sempre, contando sul fatto che la situazione non precipiterà. Maksym, ad esempio, si gode il fatto di essere riuscito finalmente a rifornire di carburante la sua auto, a Donetsk, dopo le file alle stazioni di servizio nei giorni scorsi. «Non posso lasciare tutto, la mia casa è qui e non ho un posto dove fuggire», racconta. Affermando poi che la maggioranza della gente del posto non crede davvero ad una guerra su vasta scala. L'ansia c'è, ammette, ma sembra che Maksym voglia esorcizzarla, quasi a volere trovare una nota positiva: «Tutti si spostano, cercano di fare benzina o qualcos'altro, è come se la città avesse ripreso vita». (ANSA).