Una coppia di gemelli, nati 26 giorni fa, non hanno ancora ricevuto il riconoscimento del padre che è detenuto nel carcere di Uta.

«Paradossale situazione per i figli del detenuto. Un grave ritardo che rischia di impedire ai bambini di fruire del diritto al servizio sanitario e in particolare al pediatra», lo denuncia Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme facendosi interprete del disagio della famiglia e della madre esasperata dalla burocrazia che non trova una soluzione da due settimane.

«Nonostante il mio impegno e del legale Marco Lisu - spiega la donna - a 26 giorni dalla nascita non siamo riusciti ad effettuare il regolare riconoscimento. Mio marito si trova nella casa circondariale di Cagliari e ha presentato istanza per recarsi in Comune per la pratica. Non ha però ottenuto il permesso, né libero né con la scorta, e ora non sappiamo più a chi rivolgerci anche perché i funzionari del comune non hanno accolto la nostra richiesta di recarsi in carcere».

Sempre Caligaris afferma: «Si tratta di una condizione inaccettabile in considerazione delle condizioni della famiglia ed in particolare di una madre che deve gestire sei figli da sola.

Forse occorre solo un gesto di buona volontà da parte delle istituzioni coinvolte. È vero che le giornate di festa riducono la presenza di personale. Ma è anche vero che si può trovare una soluzione se davvero si vuole. Chissà che il clima natalizio non aiuti a risolvere questa incresciosa situazione».

La realtà burocratica che coinvolge la coppia di gemelli si interseca con quella carceraria.

Nel carcere tutto è burocrazia, tutto viene regolato da procedure lente fatte di una modulistica che si sposta a mano. Le risposte alle domande a volte sono inesistenti. Per un colloquio con l’ispettore bisogna attendere un mese. Nei periodi festivi la lentezza burocratica si accentua di più. La presenza di polizia penitenziaria è ridotta all’osso. A ridosso delle ferie estive, mentre tutti sono affaccendati ad organizzarsi le vacanze, nel mondo del carcere la solitudine e l’abbandono spesso diventano insostenibili. Non è un caso che i momenti più duri della vita carceraria sono il periodo di agosto e quello natalizio: è dove avvengono più suicidi. Anche secondo il Dap sono i periodi peggiori per un recluso. In carcere tutto o quasi è fermo, ci sono meno possibilità di svago e meno relazioni sociali. Il volontariato diviene quindi nel periodo soprattutto estivo uno strumento essenziale, di conforto e sostegno. Tante solo le attività che i volontari offrono alle persone detenute, tra le quali il sostegno alla genitorialità e iniziative che offrono sostegno morale e psicologico al detenuto. Il volontariato tendenzialmente non va in ferie, ma si deve comunque scontrare con l’impossibilità di svolgere attività per la carenza del personale di sorveglianza.

Quella carenza durante le festività che non permette nemmeno di accompagnare un detenuto al comune per riconoscere i propri figli.