Il mio paese si sta modernizzando. Fino a pochi anni fa, a noi cubani qualsiasi residenti sull’isola, non si permetteva avere imprese private, possedere moneta straniera, né entrare in alberghi di lusso o in altre istallazioni turistiche esclusive per clienti stranieri, né vendere o comprare una casa o una automobile senza l’intromissione dello Stato, né firmare un servizio di telefonia cellulare, né accedere a Internet in nessuna maniera, né viaggiare all’estero senza un PVE, un permesso di viaggio all’estero attaccato al passaporto.Tutte queste proibizioni assurde e ignominiose oggi sono state derogate. Il passo avanti è innegabile.Si intravedono nuovi possibili cambiamenti. Alcuni analisti affermano che nel nostro “Verde coccodrillo” c’è un’apertura in marcia. Sarà vera questa ultima cosa?Nonostante siano molto positive, tutte le riforme intraprese fino ad ora dal governo guidato da Raul Castro, il Fratellissimo, riguardano unicamente il settore economico. In politica non si intravedono segni di apertura. La nostra società civile - parlo dell’opposizione al regime imperante qui dal 1959, organizzata in partiti, coalizioni e gruppi diversi, tutti illegali, e dei giornalisti e dei bloggers ribelli che violano la legge 88 del codice penale, conosciuta per strada come Legge bavaglio per come restringe la libertà di espressione - continua ad essere oggetto di persecuzione. Non sono mai finite le perquisizioni, le confische e gli arresti arbitrari, le invasioni della privacy, le botte, ogni tipo di abuso. La repressione totalitaria si mantiene intatta.Continua ad essere applicata, d’altra parte, una ferrea censura nei mezzi di comunicazione dello Stato. Ossia, dei mezzi di comunicazione. Perché qui tutti i canali tv, tutte le radio, tutta la stampa scritta, sono in mano allo Stato. In questi spazi non è mai apparsa la parola apertura. È tabù. Come molte altre: transizione, democratizzazione, pluralismo, eccetera. Per sfuggire a siffatto assedio mediatico e per non impazzire, a noi cubani gente di popolo non rimane che un’alternativa: ricorrere al Cyber spazio. Ora è permesso. Solo che nella più grande delle Antille, con la sua infrastruttura giurassica, la connessione Internet risulta essere molto cara e molto lenta per la stragrande maggioranza degli utenti.Cuba, ciò nonostante, si apre al mondo. Normalizza i vincoli bilaterali con la Unione europea, incrinati dalla Primavera del 2003, quando per volere di Fidel Castro furono arrestati 75 oppositori pacifici e vennero fucilati in forma sommaria tre giovani neri che avevano sequestrato un traghetto per fuggire dal paradiso socialistoide caraibico. Rimangono, chiaro, serie divergenze tra i leader europei e il governo attuale del mio paese per quanto riguarda i diritti umani, però il lessico da energumeni del confronto diretto cede il passo a un altro vocabolario più morbido, utile a un dialogo costruttivo. Ora ci visitano i ministri degli esteri e i capi di Stato dell’Italia, della Francia, dell’Austria, del Belgio… Appresso a loro arrivano investitori con offerte di affari. L’isola torna nell’Organizzazione degli Stati americani da dove fu espulsa all’inizio degli anni 60, nell’apogeo della guerra fredda, e ha scambi fruttuosi con tutte le nazioni dell’America latina e dei Caraibi e con il Canada.Di fronte a tal panorama, certi compaesani miei, pronosticano che il castrismo andrà dissolvendosi poco a poco e si dispiacciono che non avremo a disposizione più avanti qualche astro per commemorare gli anniversari della fine della dittatura. Cionostante, possiamo già contare su una data memorabile. Molti di noi difficilmente scorderanno la felicità del 17 dicembre del 2014, quando in mattinata, in tv, sono sbucati Barack Obama e il Fratellissimo proclamando l’impensabile: la restaurazione delle relazioni diplomatiche tra gli Stati uniti e Cuba. Quella storica uscita, nonostante tutti i problemi rimasti intatti da risolvere per entrambi i paesi, ha ravvivato le speranze di milioni di cubani, qua e in esilio, rispetto al futuro della nostra patria. Obama crede che la politica dell’embargo statunitense contro l’isola, vigente da più di mezzo secolo, abbia fallito. È così. Amen di amareggiarci la vita a noi, gente di strada - non alla élite castrista che sempre ha vissuto come vuole - l’embargo è stata una arma formidabile in mano al regime cubano. Chi non ha sentito argomentare almeno volta che sarebbe “l’embargo assassino” la reale causa di qualsiasi calamità avvenga a Cuba?Bene, Obama, usando la sua prerogativa presidenziale, ha già eliminato varie norme, mentre cerca a Washington il consenso necessario per cancellare l’embargo completamente. Nella sua recente visita all’isola, Obama si è rivolto al nostro popolo. Il suo discorso è stato trasmesso da Cubavisión in diretta. E la sua popolarità, che già era considerevole, è schizzata in alto. I censori ufficiali, nell’impossibilità di farlo tacere, hanno tentato di mettere il silenziatore alla eco delle sue parole. Ma la voce è corsa di bocca in bocca, lungo la gente in fila, negli autobus, nei centri di lavoro, via telefono…Lucido ed eloquente, molto carismatico, il capo democratico c’è piaciuto. A giovani, ragazzette e nonni. A uomini e donne. A neri e bianchi. Obama ha convinto, ha entusiasmato, ha stravinto. Obama, in sintonia con i tempi nuovi, non vuole essere ostaggio della storia. Noi nemmeno.