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Csm elezione laici
Nulla da fare per l'elezione dei dieci componenti laici del Consiglio superiore della magistratura. La conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso ieri di annullare la seduta comune del Parlamento, in calendario per il prossimo 13 dicembre, che doveva votare i dieci avvocati o professori universitari di materie giuridiche destinati a comporre il "Plenum" di Palazzo dei Marescialli.
Il mese di dicembre vede il Parlamento concentrato sull'approvazione della legge di bilancio e la votazione dei 10 laici avrebbe potuto creare ritardi alla tabella di marcia. La legge di bilancio va approvata entro l'anno per evitare l'esercizio provvisorio. Una eventualità che Giorgia Meloni non può permettersi.
Il rinvio della votazione, verosimilmente a fine gennaio, stride però con la tutta la narrazione che aveva accompagnato la discussione sulla legge di riforma del Csm, caratterizzata dalla “fretta” di girare pagina dopo il Palamaragate, prevedendo un sistema elettorale che evitasse il ripetersi delle degenerazioni correntizie. Sulla spinta dello scandalo delle nomine la legge di riforma del Csm era stata approvata a “scatola chiusa” dal Parlamento in tempi limitatissimi.
Il rinvio, comunque, è anche strategico e permettere ai partiti di concentrarsi sul profilo del futuro vice presidente che dovrà essere, dopo gli scandali che hanno costellato l'attuale consiliatura, quello di un giurista d’esperienza, che conosca la vita giudiziaria, inattaccabile, e che non presti il fianco a polemiche o strumentalizzazioni di sorta. Una figura che sappia anche ben interfacciarsi con il Quirinale e con gli stessi magistrati i cui voti saranno indispensabili per la sua elezione.
In tale ottica parrebbe essere una “forzuta istituzionale” l’opzione dell'ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, caldeggiata dal Pd. Oltre a non esserci precedenti di un ministro della Giustizia che diventa vicepresidente, come dicono alcuni fonti di via Arenula al Dubbio, “la riforma del Csm porta il nome della ex Guardasigilli che, se eletta a Palazzo dei Marescialli, sarebbe chiamata a darne esecuzione in sede ordinamentale: un cortocircuito nella separazione dei poteri”.