Stravolgere la documentata e coinvolgente inchiesta del Wall Street Journal sulle origini dell’attuale aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, non è corretto. Il Fatto Quotidiano, riferendosi all’articolo, la scorsa settimana ha spacciato per scoop un presunto diniego del presidente ucraino Zelensky all’intesa offerta dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. Andiamo direttamente sul punto. Non ha detto «no, non firmo l’intesa che riguarda la rinuncia all’adesione della Nato» (questo in sostanza si fa percepire ai lettori), ma ha affermato una cosa ben diversa: ovvero che non si sarebbe potuti essere certi che il signor Putin avesse dato supporto (cioè avesse aderito) ad un tale accordo («couldn’t be trusted to uphold such an agreement ») e ha sottolineato il fatto che la maggior parte degli ucraini voleva aderire alla Nato.

In sostanza, il senso è questo: visto i precedenti, Zelensky non si fida della vera disponibilità di Putin a trattare, evidenziando che prima bisogna essere sicuri delle sue intenzioni visto che deve fare i conti anche con il volere dei suoi cittadini, desiderosi di entrare nell’alleanza atlantica. L’inchiesta svela che la sua risposta ha lasciato i funzionari tedeschi preoccupati («worried ») del fatto che le possibilità di pace stessero svanendo. Ribadiamolo: non «consapevoli» come è stato erroneamente tradotto, ma «preoccupati». Il Wall Street Journal, ed è questo lo scoop, prosegue raccontando un episodio che conferma la perplessità che ha avuto Zelensky. Parliamo di appena qualche giorno prima dell’invasione. Visti i dubbi espressi dal presidente Ucraino sulla inaffidabilità di Putin, il presidente Macron ha tenuto una videochiamata con il presidente USA. «Penso che l'ultima persona che potrebbe ancora fare qualcosa sei tu, Joe. Sei pronto per incontrare Putin?», ha detto a Biden. Quest’ultimo ha acconsentito chiedendo di trasmettere il messaggio a Putin.

Il Wall Street Journal riferisce che la notte del 20 febbraio, Macron si è sentito al telefono con Putin per negoziare la formulazione di un comunicato stampa che avrebbe annunciato il piano per un vertice Usa- Russia. Ma il giorno successivo, Putin ha richiamato Macron per dire che non se ne faceva più nulla. Ha affermato di aver deciso di riconoscere l'indipendenza delle enclavi separatiste del Donbass. Ha detto che i nazisti avevano preso il potere a Kiev, mentre la Nato – a detta sua - stava pianificando di schierare missili nucleari in ucraina. «Non ci vedremo per un po', ma apprezzo molto la franchezza delle nostre discussioni», ha detto Putin a Macron. Così conclude l’articolo del WSJ a firma di Michael R. Gordon, Bojan Pancevski, Noemie Bisserbe e Marcus Walker. Questa è solo la parte finale dell’articolo. In realtà si concentra soprattutto nel criticare l’Occidente per la sua passività, nonostante fossero chiare fin dall’inizio le intenzioni di Putin. Infatti, il titolo dell’articolo originale non è come quello che ha messo Il Fatto Quotidiano. Parliamo di una inchiesta apparsa nell’edizione cartacea del 2 aprile 2022 dal titolo: «Putin ha preso di mira l'Ucraina per anni. Perché l'Occidente non lo ha fermato?».

L’ inchiesta osserva che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, vari Paesi – satelliti di Mosca – si unirono alla NATO e all'Unione Europa, vedendo l'appartenenza a entrambe le istituzioni come la migliore garanzia della loro sovranità. Putin ha pensato agli interessi della sicurezza russa in modo più ampio, collegando la conservazione dell'influenza di Mosca nei paesi adiacenti con i suoi obiettivi di rilanciare il potere globale della Russia e saldare, in patria, il suo governo autoritario. Inizialmente Putin si è dimostrato disponibile nei confronti dell’occidente, ha allacciato numerosi scambi commerciali, ottenendo così il silenzio assenso da parte dei Paesi europei quando ha scatenato diverse guerre. L’inchiesta del Wsj denuncia come la ex cancelliera tedesca Merkel, nonostante le uscite pubbliche di Putin sempre più aggressive verso l’occidente, ha aumentato la dipendenza dal petrolio e dal gas russo.

Ma Putin si è radicalizzato sempre di più. L’anno della svolta è il 2011 quando decine di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la mancanza di democrazia. Putin cominciò a far divulgare la notizia che le proteste fossero pilotate e sponsorizzate dagli Stati Uniti, da Soros e da altre "entità" per rovesciarlo. La verità, come sottolinea l’articolo del WSJ, è che c'era il rischio di una “rivoluzione arancione” come accadde in Ucraina nel 2004. Temeva la contaminazione, per questo Putin ha lanciato anatemi contro l'occidente corrotto e depravato. Le proteste simultanee della Primavera Araba avevano ulteriormente accresciuto la paura di Putin. La sua grande ansia era che l'Ucraina potesse avere successo economico e politico e che i russi alla fine si sarebbero chiesti: «Perché i nostri fratelli stanno andando così bene, mentre la nostra situazione rimane grave?». La rivolta del 2014 in Ucraina dove il popolo ha chiesto di sposare il modello democratico fondato sullo Stato di Diritto (la richiesta di aderire all'Ue, questo significava), è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’inchiesta svela che Putin si sentì con la Merkel, lanciandole una filippica contro la decadenza delle democrazie, il cui decadimento dei valori, ha detto, è stato causato dalla diffusione della "cultura gay".

L’inchiesta svela che Putin, nel 2014, inviò un funzionario dei servizi segreti per dire all’allora presidente ucraino Yanukovich di schierare l’esercito per schiacciare i manifestanti. Invece, come sappiamo, preferì fuggire da Kiev in elicottero. Poi Putin ha deciso di invadere la Crimea e alimentare con armi e denaro i separatisti filorussi del Donbass, provocando una guerra “a bassa intensità” che – durante gli ultimi otto anni - ha causato circa 14000 morti tra civili, esercito ucraino e quello filorusso. Il resto è storia recente.