AVVOCATO

C’è un piano di sviluppo ambientale per l’Italia. Nell’inerzia di governo e Parlamento nostrani, ci pensa lo Stato francese. Le pressioni degli Usa inducono i cugini d’Oltralpe all’adozione di soluzioni strategiche di difesa e rafforzamento della propria economia, della sovranità e dell’Unione. Allo scopo, la Scuola di Guerra Economica francese dal 2009 sollecita le Big Corporation galliche alla creazione di un colosso mondiale in grado di affrontare le nuove sfide geopolitiche.

La ricaduta sull’Italia è consequenziale. La Veolià e la Suez, leader mondiali nel settore idrico, dei rifiuti e dell’energia, hanno preso da tempo in mano le redini del Belpaese. Lo fanno separatamente, ma l’unificazione in atto ferma la corsa per la primazia nell’occupazione dei territori. Una competizione che si gioca tra multinazionali, che hanno un’unica matrice: lo Stato francese, che programma piani di investimento e sviluppo per l’Italia in settori strategici.

Nel mese di agosto scorso la Veolià ha offerto alla Engie ( società partecipato dalla Stato francese) 2,9 miliardi di euro per l’acquisto del 29,9 per cento delle sue quote in Suez, per entrare e, con operazioni successive, prenderne il controllo. Ma il processo in atto si sviluppa in maniera non lineare, poiché gli interessi economico- finanziari delle parti private non appaiono in equilibrio. Mentre il governo e il Parlamento gallici ascoltano gli attori, il Consiglio di amministrazione di Suez contrasta l’acquisizione tentando di reperire i fondi per sostenere un Consorzio d’investitori, che scalzi la Veolià superandone la proposta economica. Ancora, per rendersi meno appetibile, svuota l’azienda trasferendo la controllata Eau France in una fondazione olandese e dismette alcuni asset strategici in Svezia e in Germania.

Il conflitto in atto è acceso, dunque, ma troverà un punto di sintesi nella decisione dello Stato, che ha il 23,6 per cento di Engie e incide sui diversi soggetti attraverso il suo braccio finanziario, la Cassa depositi, che detiene quote in ognuno di essi.

In Italia Veolià e Suez già controllano gran parte delle gestioni idriche e il sistema delle fonti regionali del Mezzogiorno. La loro fusione realizza il progetto di unificazione del Centrosud — sostenuto dal Segretario del Distretto appenninico e dal referente per l’acqua — in Arera nelle mani di una sola Corporation; l’unica così forte da dare il via alla scalata della costituenda società di gestione della rete interregionale delle fonti idriche, che lo Stato italiano ha privatizzato con l’articolo 24 del decreto Crescita.

Per l’effetto, le risorse del Recovery fund destinate all’acqua saranno affidate ai francesi, per essere spese in una logica politica e di profitto, che confligge con gli interessi della comunità italiana. I Servizi segreti italiani hanno già rilevato la capacità delle multinazionali di esautorare la politica e di sostituirsi nelle scelte strategiche del Paese; il Copasir, dal canto suo, ha lanciato l’allarme sulla necessità di difendere la sicurezza nazionale.

Il controllo della fonte principale della vita equivale al controllo politico dei territori. Per queste ragioni l’Italia ha promosso con la Gran Bretagna e la Nato il seminario “Nato and Natura” che affronta il complesso rapporto tra ambiente e sicurezza ponendo al centro il tema dell’acqua. Eppure la risposta concreta del governo italiano alle necessità è racchiusa in una Golden power soft, che tradisce la chiara volontà di lasciar fare alle multinazionali.

I processi sono in fase avanzata e l’ipotesi di una semplice norma per l’acqua pubblica non appare più idonea a difendere gli interessi del Paese e il diritto fondamentale. La società francese Engie è nata nel 2008 dalla fusione della Gdf con la Suez, quale reazione al tentativo dell’Enel di acquisire l’azienda dell’acqua. La posizione della Repubblica francese fu ferma e bloccò l’operazione agendo nell’interesse dei propri concittadini. In Italia al contrario sono state messe in campo azioni di delegittimazione e dismissione delle partecipate statali, e adottate norme che hanno favorito processi di aggregazione e rafforzamento dei gruppi stranieri francesi.