Il ciclo di incontri organizzato per presentare i candidati di Area alle elezioni per il rinnovo del Csm ha fatto tappa al Palazzo di Giustizia di Roma.

Quattro i candidati della magistratura progressista presenti al dibattito moderato dalla giornalista del Messaggero Sara Menafra: Rita Sanlorenzo per il collegio di legittimità, Giovanni Zaccaro e Mario Suriano per il merito, Giuseppe Cascini per quello dei requirenti. “Noi rappresentiamo la magistratura progressista e abbiamo chiara l’idea della giurisdizione che vogliamo veder realizzata”, ha esordito Sanlorenzo, sostituto pg in Cassazione. “È però necessario un cambio di passo rispetto a quattro anni fa, quando i vari gruppi della magistratura di sinistra, dopo essersi unificati in Area, ottennero un ottimo risultato al Csm”. Il richiamo è a quelle sirene populiste stanno facendo presa anche in magistratura, ai gruppi associativi che si propongono con “slogan ad effetto, spesso cinici, fatti per parlare alla pancia dei magistrati”, ha aggiunto il pg. Cascini, aggiunto alla Procura di Roma, ha sottolineato come le correnti siano un “male necessario” e che, nel caso di Area, serva però una profonda autocritica perché “non tutto è andato per il verso giusto”. Zaccaro, giudice al Tribunale di Bari, ha posto il tema dei giovani magistrati che entrano adesso in servizio e che spesso “provengono da altre esperienze lavorative e hanno un’idea non corretta di cosa significhi invece fare il magistrato”. Suriano, giudice al Tribunale di Napoli, ha affrontato il tema dei magistrati “fuori ruolo” e degli incarichi direttivi. Tutti si sono mostrati concordi sul fatto che per evitare alla magistratura la deriva populista sia necessario capire e risolvere i problemi reali delle toghe, e che l’attuale Csm si sia contraddistinto per una certa distanza con la base dei magistrati che lavorano, spesso, in realtà difficili. Ha prevalso, secondo i candidati di Area, la produzione di “linee guida” per gli uffici.

Cascini ha citato, come esempio, la Procura di Vibo Valentia, attualmente retta da una collega facente funzione con meno di 4 anni di servizio la quale, con gli altri 6 sostituti, tutte donne, ha denunciato una gestione dell’ufficio non corretta da parte del capo, da mesi in ferie o aspettativa. Il Csm si è recato sul posto a febbraio per capire cosa stesse succedendo. Ma da allora nessuna risposta. “Questo non deve più accadere”, ha concluso il pm della Capitale.