Un’associazione a delinquere per favorire Cosa Nostra: sono queste le pesanti accuse della Dda di Milano che hanno portato quattro persone in carcere e sette ai domiciliari nell’inchiesta che si è abbattuta su Expo 2015. Secondo la procura antimafia guidata da Francesco Greco, questa volta è la mafia e non la ‘ndrangheta a puntare sull’economia lombarda. Lo ha fatto attraverso l’appalto per quattro padiglioni dell’evento aggiudicato dal consorzio di cooperative Dominus Scarl, che secondo l’Antimafia avrebbe finanziato «un clan a Pietraperzia (Enna) ».L’inchiesta, coordinata dall’aggiunto Ilda Boccassini, coordinatore della Dda milanese, e dai sostituti Sara Ombra e Paolo Storari, ha fatto finire in carcere Giuseppe Nastasi, presidente della Dominus, suo padre Calogero e Liborio Pace, suo collaboratore, nonché «soggetto già imputato per appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia ed elemento di collegamento con la stessa». A loro vengono contestati reati tributari, riciclaggio e associazione per delinquere con l’aggravante della finalità mafiosa.In manette anche l’ex presidente della camera penale di Caltanissetta, Danilo Tipo, difensore nel processo per la strage di Capaci ed ex consigliere comunale di centrodestra, beccato con 300mila euro in auto, soldi destinati alla Sicilia. L’avvocato avrebbe tentato di giustificarsi dicendo che quei soldi erano compensi in nero ma per la Dda si tratta di tangenti destinate al clan ennese.La Guardia di finanza ha inoltre sequestrato beni per cinque milioni, mentre 400mila euro sono stati individuati nel corso delle indagini in un camion guidato da Pace, partito dalla Lombardia sempre destinati alla Sicilia. «Abbiamo di fronte degli imprenditori, in questo caso siciliani, in sodalizio criminoso con imprenditori lombardi che purtroppo, da manuale, evadono il fisco - ha dichiarato in conferenza stampa Boccassini -, hanno una consistenza di nero incredibile. Parte di questo nero è stata portata anche in Sicilia», mentre parte del denaro è finito all’estero. Un’indagine «importante», perché, ha aggiunto, «di solito ci siamo confrontati con personaggi di origine calabrese, mentre in questo caso abbiamo legami con famiglie importanti di Cosa Nostra». Si tratta della famiglia Accardo, vicina a quella dei Messina Denaro, con la quale era soprattutto Nastasi ad avere «legami». Boccassini, però, vuole arrivare in breve tempo alla conclusione dell’inchiesta: «Garantiremo agli indagati un processo rapido e quindi si procederà con la richiesta di rito immediato e alla trascrizione in tempi brevi di tutte le intercettazioni».Nell’ordinanza, firmata dal gip Maria Cristina Mannocci, si parla di «gravi superficialità» e «convenienze» da parte degli imprenditori, con l’inserimento della criminalità organizzata nelle partecipate pubbliche. Al centro dell’indagine c’è la Dominus Scarl, consorzio di cooperative che ha lavorato per Fiera Milano per la realizzazione di alcuni padiglioni dell’esposizione universale. Secondo le indagini della Dda, gli indagati avrebbero ottenuto 20 milioni di euro in appalti dalla Fiera di Milano in tre anni, attraverso la società Nolostand, del gruppo Fiera, commissariata ieri dal tribunale di Milano per alcuni contatti tra dirigenti e indagati, contatti che avevano lo scopo di prorogare o ottenere commesse negli eventi fieristici di Milano. Un commissariamento che rappresenta un monito per imprenditori e multinazionali. Boccassini, infatti, ha avvisato tutti: «Attenti - ha ammonito -, perché per comportamenti colposi voi magari state consentendo un’agevolazione dei mafiosi». Le società, che secondo gli inquirenti erano intestate a prestanome per occultarne la disponibilità in capo a Nastasi, hanno realizzato i padiglioni del Palazzo Congressi, l’Auditorium, lo stand della Porerti nonché quelli di Qatar, Guinea e Francia. Attraverso un sistema di fatture false è stato creato un fondo nero che poi veniva riciclato in Sicilia. Grazie a questo metodo di mimetizzazione degli indagati, i rigidi protocolli stilati da Dia e Prefettura per prevenire le infiltrazioni sono stati aggirati, tanto da essere definiti dagli stessi magistrati come qualcosa di «cosmetico». Carta straccia, dunque, tanto da non impedire a presunti imprenditori collusi di mettere le mani sul boccone più grosso in circolazione. Nastasi aveva un ufficio dentro l’ente fiera, dove poco tempo fa era arrivata una lettera: «Attenzione, Nastasi è un mafioso», scriveva un anonimo. Ma nessun ci fece caso. «Non sono individuate responsabilità penali in capo a Ente Fiera o a Expo», ha però chiarito Boccassini. Ma il magistrato ha sollevato una questione "politica": «Abbiamo un ente pubblico che non fa gare, e questa e una riflessione che dobbiamo fare».