I campi nomadi di Roma finiscono nuovamente nel mirino della magistratura e delle forze dell’ordine. Notificate quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, due ai domiciliari più una misura interdittiva. È il risultato di un’inchiesta su un giro di presunte “mazzette” al Comune, che chiama in causa alcuni imprenditori legati alle cooperative e dipendenti del Dipartimento delle Politiche Sociali e della Salute.L’accusa ipotizza i reati di corruzione, falso in atto pubblico e turbativa d’asta e ha sullo sfondo la figura di Emanuela Salvatori, indagata e perquisita nell’ambito di questo nuovo filone, ma già condannata lo scorso novembre a 4 anni di reclusione, in abbreviato, per i suoi affari con Salvatore Buzzi e le coopereative che gestiva. In quel caso fu la prima funzionaria pubblica a finire nel mirino degli inquirenti.Il gip Flavia Costantini, accogliendo le richieste dei pm Maria Letizia Golfieri, Carlo Lasperanza, Edoardo De Santis e Luca Tescaroli, coordinati dall’aggiunto Paolo Ielo, ha disposto il carcere per Roberto Chierici e Massimo Colangelo, rappresentanti di fatto di alcune cooperative, per Loris Talone, imprenditore nonché assessore all’Agricoltura al comune di Artena e per Salvatore Di Maggio, presidente del Consorzio “Alberto Bastiani Onlus”. Ai domiciliari sono finiti Eliseo De Luca, vigile urbano dipendente del Dipartimento e Alessandra Morgillo, altra dipendente comunale. La misura interdittiva è stata applicata a carico di Vito Fulco, funzionario del Comune legato alla Salvatori.I campi nomadi oggetto di indagine sono quelli di Castelromano e di via Candoni, alla Magliana. L’inchiesta, portata avanti dai Carabinieri della compagnia di Roma Eur, ha come arco temporale il periodo che va dalla fine del 2013 alla fine del 2014, quasi in coincidenza con la prima tranche di arresti di “Mafia Capitale”. Secondo i magistrati, gli imprenditori in questione hanno cercato di corrompere funzionari o dipendenti del Dipartimento delle Politiche Sociali e della Salute del Comune di Roma con differenti modalità e non soltanto attraverso le tradizionali “mazzette” in denaro.Sotto la lente d’ingrandimento sono finiti beni e utilità di vario tipo, come un collier, biglietti per il teatro, la promessa di un’assunzione presso una cooperativa, l’acquisto di un escavatore o la pubblicità gratuita per uno studio dentistico di un familiare di un indagato.La Procura di Roma e i militari dell’Arma avrebbero accertato che quasi sempre i lavori per la bonifica dei campi rom non venivano effettuati e che dietro l’aggiudicazione degli appalti c’erano firme apocrife, atti con richieste falsificate o documenti retrodatati. L’accusa si fa forte anche di alcuni passaggi di denaro, filmati dagli investigatori e avvenuti anche negli stessi uffici del Comune. In particolare, a seconda del valore degli appalti, sono stati versati importi compresi tra gli 800 e i 3.000 euro. A determinare il via all’inchiesta sono state alcune intercettazioni telefoniche e ambientali, in cui esponenti del campo nomadi avrebbero riferito di conoscere il giro di tangenti tra imprese e dipendenti pubblici.