«L'Europa è sotto ricatto dei Paesi frugali». Dopo la seconda giornata di negoziati al Consiglio europeo, Giuseppe Conte commenta così il braccio di ferro col premier olandese Mark Rutte sul Recovery fund. «Quando ci sono alcuni che si arroccano su partite contabili, viene il dubbio che non abbiano la consapevolezza del momento che affrontiamo», spiega il presidente del Consiglio italiano. L'accordo, dunque, sembra una chimera. A nulla è servita una giornata di negoziazioni e incontri bilaterali. Il destino dell'Europa è appeso a un filo, quello che verrà teso a breve, a mezzogiorno, dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che ha riconvocato la riunione per esporre una nuova proposta di compromesso tra gli Stati. «Siamo tutti vincitori o siamo tutti sconfitti. Siamo tutti sulla stessa barca, non stiamo aiutando l'Italia ma consentendo a tutti di riparare i danni della pandemia: le economie sono integrate», ha messo in chiaro Conte, convinto però che la partita sia ancora aperta. Perché l'avvocato del popolo intende utilizzare anche le armi del diritto per spuntarla con i frugali che chiedono l’unanimità del Consiglio europeo prima di ogni «esborso» di risorse. Per Conte, la proposta è «inaccettabile» ed è formulata in violazione dei Trattati e del rispetto dell’equilibrio tra le istituzioni europee. Per questo il premier si spinge ad annunciare che una soluzione del genere verrebbe appellata dall'Italia  davanti alla Corte di giustizia europea. E a rendere ancora più teso il confronto, resta sul piatto lo scenario proposto da Enrico Letta all'Huffington Post. «La mia idea è che l’opposizione olandese è talmente ideologica e strutturale che ricorda molto la rigidità britannica di un tempo. Se è così, va trattata allo stesso modo: individuando una forma di opting out che ha consentito la convivenza per un lungo periodo», ha detto Letta. In altre parole, verrebbe attivata l'opzione di lasciare fuori gli olandesi dall'accordo. «Si passa dalla condizionalità che loro pretendono per noi, a una opzionalità per loro di rimanere fuori dalle politiche che non condividono. La Gran Bretagna è andata avanti per lungo tempo in questo modo, consentendo al resto di Europa di integrarsi e di fare passi avanti. È accaduto durante tutto il percorso dell’euro e di consolidamento di politiche su cui non era d’accordo». L’ipotesi evocata da Letta circola in ambienti diplomatici europei, più come timore che Olanda non cerchi un compromesso ma lo strappo che come soluzione. La bozza di negoziato presentata ieri da Michel, che veniva incontro a non poche richieste dei frugali non è bastata ad ammorbidire le posizioni e i punti controversi sul tavolo restano quelli che dividono i paesi da ormai tre giorni, a cominciare dalla governance del Recovery Fund, con l’Olanda che insiste per una decisione all’unanimità dei governi sui piani nazionali di riforma dei paesi membri. Altro tema ancora aperto è quello del rispetto dello Stato di diritto come condizionalità per ottenere i finanziamenti del Recovery. Punto questo sul quale c’è l’opposizione di Ungheria e Polonia. Per trovare una soluzione, stamattina Conte ha partecipato a un incontro con il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Per il presidente francese Macron, il compromesso è ancora possibile. «Ma questi compromessi, lo dirò chiaramente, non saranno raggiunti a prezzo dell’ambizione europea. Non per il principio, ma poichè stiamo affrontando una crisi unica sanitaria, economica e sociale. I nostri paesi ne hanno bisogno e l’unità europea ne ha bisogno». dice Macron. «Per tutti questi motivi, continueremo a combattere». Perché «la volontà di compromesso non dovrebbe allontanarci dall’ambizione legittima di cui abbiamo bisogno. È nelle prossime ore che sapremo se i due sono compatibili», aggiunge il presidente francese, prima di esporre il programma di oggi. «Ci sono diversi argomenti davanti a noi da finalizzare. Il primo è lo stato di diritto che è al centro della condizionalità di questo bilancio, su cui c’era un enorme consenso nel dire che» serve il rispetto «al cuore dei valori, i principi dell’UE»., spiega. «C’è un secondo punto, il fondo di recupero e la sua attuazione. Lo sappiamo, sono emerse richieste per avere un maggiore controllo e sono state avanzate proposte all’unanimità e dobbiamo finalizzare la discussione. E infine l’emissione dell’importo del Recovery. Abbiamo differenze anche qui. Ecco i principali argomenti che ci attendono su cui dobbiamo trovare un compromesso, che è possibile ma non a prezzo dell’ambizione europea». L'obiettivo dei quattro paesi frugali - Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia - è ridurre il fondo per la ripresa a 700 miliardi di euro e le sovvenzioni a 350 miliardi di euro. Ai quattro paesi si è oramai aggiunta anche la Finlandia, come confermato dalla stessa premier Sanna Marin, che in un’intervista rilasciata a un’emittente televisiva del paese scandinavo ha dichiarato che l’obiettivo prioritario di Helsinki è «ridurre la quota di sovvenzioni». Marin, peraltro, non ha escluso che i negoziati proseguano anche domani. La proposta della Commissione Ue sul fondo per la ripresa prevede una quota complessiva di 750 miliardi di euro, 500 miliardi sotto forma di sovvenzioni e altri 250 miliardi sotto forma di prestiti.