È per certi versi orribile e disumana come i campi di sterminio nazisti.

La deportazione in massa di bambini e ragazzi ucraini in Russia è un vero genocidio bianco che sostituisce alla eliminazione fisica, la cancellazione della identità di un popolo. Patria, famiglia e lingua sono valori sradicati per essere poi artificiosamente rimodellati sulla pelle di esseri umani.

La Corte penale internazionale ha il merito di aver scoperto, grazie alle indagini della Procura che persegue i crimini di guerra, una spietata manipolazione della appartenenza, cresciuta dietro le quinte del conflitto scaturito dall’aggressione alla Ucraina. Da quel che si è finora appreso dalle carte processuali, si capisce che la cattura nelle scuole e negli orfanotrofi e il successivo trasferimento forzato di migliaia di giovanissimi ucraini in Russia integrano realmente un crimine contro l’umanità.

Nella galleria degli orrori del nazismo, si è dovuta registrare, come tutti ricordano, una sistematica violenza sui bambini finalizzata a compiere assurdi esperimenti genetici.

Il nome tristemente noto di Josef Mengele evoca l’uso di un mostruoso alambicco che sacrificava gli organi dei minori in un folle percorso proteso al miglioramento della razza. E anche più recentemente si è saputo di una crudele attività criminosa che fa mercato dei corpi dei più piccoli per ricavarne organi sani da trapiantare su persone gravemente malate.

Questa mercificazione degli innocenti assume ora una inedita forma nella deportazione dei giovanissimi ucraini. Dalla violenza fisica si passa alla violenza morale. Nel programma di Vladimir Putin è l’anima delle vittime ad essere manipolata.

Qualcosa di simile a ciò che avveniva nel mondo antico in coda agli scontri bellici.

Il vincitore a capo delle legioni romane trasformava i vinti, prigionieri nelle sue mani, in schiavi, così da espropriarli dei loro diritti civili e ridurli a semplici cose da vendere o comprare per i servizi richiesti dalle famiglie o dalle attività economiche. La vittoria in guerra per i popoli antichi, riposte le armi, continuava ad essere celebrata dal possesso dei vinti ridotti in schiavitù.

Il progetto ideato dall’attuale zar di Russia sembra quindi riecheggiare davvero il costume delle genti dell’antichità. Si vogliono esibire come trofei i figli del Paese nemico che sono già nelle mani dei russi prima ancora di aver vinto sui campi di battaglia.

E si avverte nitidamente un messaggio che anticipa l’esito del conflitto mostrando coloro che rappresentano il futuro del popolo aggredito come persone ormai soggiogate e vestite di una nuova identità che ne sottolinea l’appartenenza alla cultura dei presunti vincitori.

Viene così ad emergere, dallo sradicamento dei giovani ucraini dalla loro terra, il reale obiettivo perseguito dai russi con l’invasione dell’Ucraina.

Al di là dei propositi di espansione territoriale e di rafforzamento dei confini rispetto al mondo occidentale, Putin mira ad assoggettare l’Ucraina alla supremazia politica e culturale della grande Russia.

Ed è proprio per questo che il mandato di cattura appena emesso dalla Corte penale internazionale vuol far capire a tutti che l’invasione russa viola non soltanto l’ordinata convivenza dei popoli, secondo le norme del diritto internazionale, ma anche i valori insiti negli human rights.

Le Convenzioni sui diritti dell’uomo garantiscono il diritto di conservare la propria identità sociale e nazionale e bandiscono ogni forma di coercizione ispirata dall’intento di imporre ad altri una fisionomia simile a quella del Paese che sa far sentire più forte il fragore dei suoi cannoni.