Forse la notizia non è ancora circolata con sufficiente chiarezza, ma gli avvocati hanno dato l’ennesimo, clamoroso buon esempio. Un esempio per l’Inps. Di cui essere orgogliosi. «Il nostro click day ha funzionato eccome. Siamo una Cassa, la Cassa forense», scandisce Nunzio Luciano, che dell’ente di previdenza e assistenza degli avvocati italiani è presidente. «Non siamo lo Stato, ci si ricordi sempre di questo dettaglio. Eppure, con la nostra struttura, nell’arco di due giorni abbiamo raccolto qualcosa come 110mila richieste di reddito di ultima istanza pervenute da altrettanti colleghi. Il primo giorno, cioè ieri (mercoledì per chi legge, ndr) il sito è andato in tilt sì e no per mezz’ora. Non ci siamo fatti prendere dal panico. Nessun hacker. Semplicemente c’era un sovraccarico di memoria, e tenete conto che le Casse di altre professioni si saranno fermate a 15-20mila richieste. Abbiamo oscurato i contenuti in quel momento non indispensabili per liberare il server. Abbiamo fatto ripartire la raccolta di richieste. È andato tutto bene. Ce l’abbiamo fatta. Ora tocca allo Stato. In tutti i sensi». E qui l’intervista al presidente Luciano, orgoglioso della frenetica attività di queste ore, si apre a un ulteriore imprevedibile orizzonte. Dove entrano in conflitto le misure che Cassa forense vorrebbe realizzare e i via libera che dal governo non sono ancora arrivati. Con la massima istituzione dell’avvocatura, ossia il Cnf, e con l’Organismo congressuale forense, la Cassa da lei presieduta ha avanzato una richiesta al governo: liberaci dai vincoli e facci sostenere ancor di più gli avvocati di fronte all’emergenza coronavirus. Che vi hanno risposto? A questo punto è meglio spiegare per bene altri dettagli del nostro click day. Dica pure. Abbiamo raccolto quelle oltre 100mila adesioni che le ho detto. Secondo i nostri calcoli, gli aventi diritto arriveranno a 130mila. Alla fine ci sarà un costo di quasi 100 milioni di euro. A carico di chi? Del welfare pubblico, ma anticipiamo noi. Senza che ci sia stato ancora chiarito a quale fondo il ministero possa attingere per restituire l’anticipazione di cui sopra. E perché non ve lo hanno chiarito? Perché inizialmente il reddito di ultima istanza, i famosi 600 euro, non sarebbero dovuti andare anche ai professionisti con Cassa autonoma. Poi l’Adepp, l’associazione che riunisce gli enti previdenziali autonomi di tutte le professioni e di cui sono vicepresidente vicario, ha ottenuto che fosse individuato un fondo di 300 milioni per coprire anche noi, cioè anche noi avvocati insieme con i commercialisti e tutti gli altri. Poi i 300 milioni sono diventati appena 200 milioni. Non bastano a coprire un mondo delle professioni che, complessivamente, annovera qualcosa come un milione e 600mila persone. Però il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ci ha detto “non preoccupatevi”. Difficile non preoccuparsi. Ci ha assicurato che intanto noi possiamo anticipare i redditi di ultima istanza a tutti i professionisti, nel caso di Cassa forense agli avvocati che hanno i requisiti. E già il fatto che a rientrare nelle soglie massime di reddito possano essere, come dicevo, circa 130mila colleghi dimostra quanto nell’avvocatura si siano ridotti i guadagni. In ogni caso nelle prossime ore noi dovremo trasferire gli elenchi al Welfare. Che verificherà il costo. Ma noi intanto procederemo già all’erogazione. A tutti senza limite di costo complessivo? A tutti. L’importante è che rientrino nei limiti di reddito previsti. Il problema è che la norma adesso prevede che qualora il costo sfori quel fondo da 200 milioni, il ministro prenderà le risorse da altre parti. Da dove? La norma non lo dice. Eppure sancisce che l’erogazione del reddito va completata entro l’8 aprile. Temete che la restituzione slitti? Il ministro ha insistito, ci ha assicurato che i fondi si troveranno. Si è aperto un dibattito serrato nell’Adepp. Bisogna chiarirsi con lo Stato. Ora potrebbe maturare l’aspettativa di un’ulteriore erogazione per il mese successivo. A questo punto la domanda è: lo Stato dove troverebbe i soldi per restituire tutto quanto da noi anticipato? Non si può pensare che Cassa forense impegni quasi 100 milioni al mese. Così andiamo a intaccare le pensioni degli avvocati. Le pensioni? E sì. Già ora, con l’anticipazione, noi prendiamo risorse dai rendimenti finanziari, che riteniamo di dover destinare piuttosto all’assistenza, anche per il coronavirus. Non possiamo andare a rompere il salvadanaio di ciascun avvocato. Guardi che qui si tratta della nostra autonomia. Di risorse che come Cassa forense noi avvocati abbiamo costruito nel tempo. Non le dobbiamo compromettere. È lo Stato che deve individuare con chiarezza le coperture. Con il Cnf e l’ Ocf, la stessa Cassa da lei presieduta chiede al governo di poter assicurare sostegni agli avvocati, nell’emergenza covid, anche al di là dei limiti vincolistici. Sì, ma non ci riferivamo certo al reddito di ultima istanza, che è appunto lo Stato a dover assicurare. Ci riferiamo alla possibilità di utilizzare, per l’assistenza agli avvocati più colpiti dal dramma dell’epidemia, i nostri rendimenti, calcolati rispetto alla media degli ultimi anni. E lo Stato che vi ha detto? Ancora niente. Ancora non ci ha risposto. Eppure potrebbe trattarsi di un sollievo importante. Quanto? Parliamo di circa 50 milioni di euro, che potremmo destinare a varie forme di sostegno, ancora non stabilite in modo definitivo anche se già prefigurate, visto che non abbiamo ottenuto il via libera. È indispensabile che il dicastero delle Politiche sociali, di concerto con gli altri ministri vigilanti, ossia Mef e Giustizia, ci dia l’ok, perché ad oggi la legge non ci consente di agire. La cifra che potremmo mobilitare è importante anche considerato che sarebbe pari all’intero monte risorse già impegnato ogni anno, da Cassa forense, per altre forme di assistenza. Con la mia gestione, in particolare, siamo definitivamente passati dalla sola sostenibilità finanziaria a una piena sostenibilità anche sociale. Fra le misure che già ora stiamo per attivare c’è ad esempio un sostegno, da affidare agli Ordini, per i familiari dei nostri colleghi purtroppo uccisi dal virus. Parlo con lei nella pausa di un consiglio di amministrazione in cui metteremo a punto questi interventi. Ma se lo Stato ci desse quel benedetto via libera, potremmo metterne in campo molti altri ancora.