Sangue sui muri delle sezioni, i detenuti più colpiti dai pestaggi sono stati messi in isolamento, alcuni ne sono rimasti traumatizzati e appena sentono i rumori dei cancelli vanno in panico. Questa sarebbe la conseguenza dei presunti pestaggi avvenuti nel reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere ad opera di una squadretta antisommossa composta da qualche centinaio di agenti e che non opererebbe nel penitenziario sammaritano. Una mattanza che sarebbe iniziata alle 3 del pomeriggio fino alle 8 di sera. «Mentre ci picchiavano ci dicevano: ”Siete munnezza, fate schifo, noi siamo lo Stato e qui comandiamo noi!”», così riferisce a Il Dubbio un detenuto che è uscito da quel carcere due giorni fa ed ora è ai domiciliari. Il racconto è simile a quello che ha raccontato un altro ex detenuto sempre a Il Dubbio, come riportato nell’articolo di ieri. «Noi del reparto Nilo, appena giunta la notizia di un contagio da Covid-19 avvenuto nel reparto Tamigi attiguo al nostro, abbiamo fatto delle battiture per chiedere i tamponi e pretendere le distanze sociali visto che siamo in quattro dentro una cella», spiega l’uomo. «Avevamo messo un lenzuolo al cancello, che poi avevamo tolto perché gli operatori penitenziari ci dissero che avrebbero fatto a tutti i tamponi», prosegue il detenuto nel racconto, sottolineando che la protesta pacifica è quindi rientrata. «Ma il giorno dopo sono giunti qualche centinaia di agenti antisommossa con caschi blu e mascherine e hanno invaso tutte le sezioni del nostro reparto», prosegue nel racconto. «A quel punto ci hanno massacrato di botte, urlandoci “Non ci guardate in faccia” e via giù di calci e schiaffi, e dietro le spalle ci colpivano con in manganelli». Ma non sarebbe finita qui. «A tanti di noi ci facevano spogliare – racconta sempre il detenuto – e ci obbligavano a fare le flessioni. Siamo stati trattati come persone senza dignità!». Anche lui – come ci ha raccontato l’ex detenuto – spiega che lo hanno obbligato a farsi la barba. «Sembrava di stare in un regime fascista, ci hanno fatto di tutto utilizzando una violenza fisica e psicologica», racconta ancora. Il giorno dopo, avrebbero fatto la conta obbligandoli a stare con le mani dietro la schiena e con tanto di divieto di fare le videochiamate. «Non ci hanno fatto nessun referto medico – sottolinea l’uomo -, ma il carcere di Santa Maria Capua Vetere è di massima sicurezza e ci sono telecamere dappertutto, basterebbe che la magistratura le acquisisca e così potrà vedere con i suoi occhi ciò che ci hanno fatto». Una mattanza che sarebbe durata cinque ore ed è improbabile che non si possa scorgere nulla attraverso i nastri della videosorveglianza. Nel frattempo da ieri la Procura di Santa Maria Capua Vetere sta indagando su quanto è avvenuto nei giorni scorsi nel carcere. L’ufficio inquirente è impegnato ad accertare se ci siano state o meno presunte violenze sia ai danni dei detenuti sia nei confronti della Polizia Penitenziaria. Il garante regionale della Campania Samuele Ciambriello - attraverso le testimonianze raccolte dall’associazione Antigone e la lista dei nominativi dei detenuti pronti a testimoniare -, nei giorni scorsi aveva inviato una richiesta al capo della Procura sammaritana, Maria Antonietta Troncone. Le ha chiesto di accertare se siano attendibili i racconti che emergono dalle telefonate e se siano stati commessi episodi penalmente rilevanti da parte di alcuni agenti penitenziari. Nei giorni scorsi si era attivato anche Pietro Ioia, garante dei detenuti del comune di Napoli, rendendo pubbliche attraverso i social network le foto del detenuto (sentito ieri da Il Dubbio) che venerdì scorso era uscito dal carcere. Foto che presentano ecchimosi per tutto il corpo e abbiamo pubblicato anche su queste stesse pagine.