«Non siamo in grado di affrontare questi atti, perchè continuiamo a credere che i terroristi siano solo dei fanatici». Franco Cardini, storico e islamologo fiorentino, analizza l’attacco terroristico al mercatino di Natale a Berlino, analizzandone l’origine.

Come si inquadra l’attacco di Berlino? Esiste un filo conduttore con gli attentati di Parigi e di Nizza?

Non direi che esista un filo conduttore, soprattutto visto che questo di Berlino non è ancora stato rivendicato. Non si sa ancora, insomma, se se si è trattato di una delle tante esperienze di gruppi isolati, che fanno terrorismo “fai da te”.

Tutti questi gruppi, però, hanno poi richiamato l’Isis come ispiratore dell’azione terroristica...

Daesh è una sorta di franchising del terrorismo, disposta ad accogliere le rivendicazioni di tutti quelli che noi, autoassolvendoci, chiamiamo pazzi oppure fanatici.

Per quale ragione sarebbe un’autoassoluzione?

In Europa abbiamo sempre la risposta pronta, usiamo un vocabolario che rientra nei nostri schemi e chiamiamo i terroristi fanatici. Eppure non ci siamo ancora chiesti seriamente che cosa li spinga, che cosa li renda così disposti a tutto. Eppure il fanatismo religioso è un fenomeno avvenuto infinite volte nella nostra storia.

Dunque che cosa, secondo lei, rende i terroristi disposti a tutto?

Che cosa può spingere un uomo a sacrificare la propria vita? Noi vediamo solo la morte, per loro è l’anticamera della vita eterna. Un concetto religioso che è una delle propensioni anche della cultura occidentale. Io credo che di questo sia emblematico ciò che disse Fatima, la foreign fighter italiana che è andata a combattere per l’Isis in

Siria e che è stata condannata nei giorni scorsi.

Che cosa si può capire da quel discorso?

Quelli che propongono i terroristi non sono vaneggiamenti, ma una logica stringente. Sicuramente fuori dall’ordinario, sicuramente non democratica, ma comunque una logica con cui dobbiamo fare i conti. Perchè i foreign fighter sono giovani a cui la nostra società occidentale, con tutte le sue ricchezze, non ha saputo dare risposte.

E invece quale è l’approccio occidentale?

Banalmente, quello di svalutare e demonizzare l’avversario. Uno degli errori peggiori che si possono fare, quando si è in conflitto. Io sono un giocatore di scacchi e la prima regola in uno scontro è quella di imparare a ragionare come fa l’avversario. Noi, in questo, siamo all’anno zero.

Lei è d’accordo nell’indicare l’epicentro della questione in Siria?

Nella Siria destabilizzata di oggi, che è tale principalmente per colpa delle politiche dissennate di inglesi e francesi, a partire dai fatti del 2011 e delle accuse - poi rivelatesi false - contro Assad. Noi però su questo abbiamo chiuso gli occhi.

Sta dicendo che l’Occidente ha più responsabilità di Putin e Assad?

Secondo una certa linea di pensiero, la colpa sarebbe di chi vuole “libanizzare” la Siria, ovvero creare divisioni e fratture al suo interno. E dunque di Putin, che vuole uno sbocco per le sue navi e di Assad, che non vuole cedere il potere. Eppure ci si dimentica sempre che il concetto di Stato nazionale non fa parte della cultura araba ed è importato dall’Occidente, con quella sciagurata divisione degli Stati con il righello avvenuta durante la conferenza di pace di Parigi, del 1919. E anche oggi parlare di riorganizzare gli Stati arabi su una nuova base etnica fa comodo principalmente agli Emiri, tutti sunniti e con sudditi sciiti.

Ma l’Europa, in questo quadro, come si inserisce?

Innanzitutto in questo frangente si fa fatica a parlare di Europa, posto che non ha alcuna sovranità mili- tare. Del resto, ogni paese che entra nell’Unione, viene affiliato automaticamente alla Nato, in cui tutti i più alti in comando sono ufficiali americani. A tutti gli effetti, militarmente parlando, l’Europa è una colonia statunitense.

Con gli attacchi terroristici, quindi, l’Europa paga un dazio inevitabile?

Nessun dazio. La causa è la quiescenza dei governi europei di fronte a ciò che sta succedendo. Salvo qualche velleitario tentativo di fare una politica estera diversa, come ad esempio quella messa in campo da Bettino Craxi e Giulio Andreotti, ora tutto è rientrato nei ranghi, sfortunatamente.

A che cosa si riferisce?

Ad una non gestione dei problemi geopolitici. Nessuno, infatti, riflette sul fatto che il problema palestinese vada risolto. Proprio quel fronte, in cui l’Europa ha giocato a fare lo struzzo, è un tassello chiave di ciò che sta succedendo: non va dimenticato, infatti, che la questione palestinese è molto sentita nel mondo arabo ed è la ragione per cui molti giovani cresciuti in Europa diventano foreign fighter.