In concomitanza Antartico e Artico hanno registrato temperature record, tra 30 e 40 gradi oltre la media del mese di marzo, provocando unondata di caldo «senza precedenti», secondo gli scienziati sintomatica di una crisi climatica sempre più rapida e improvvisa. I rilievi effettuati nei giorni scorsi in diversi stazioni meteo dellAntartico - tra cui la base scientifica franco-italiana Concordia e quella russa di Vostok, al centro della calotta glaciale orientale - hanno indicato livelli record, con in alcuni punti temperature di 40 gradi al di sopra della norma stagionale. Allinterno del continente bianco solitamente battuto da venti ghiacciati, a più di 3 mila metri di altitudine di norma le temperature che oscillano tra - 55 e - 50 gradi, il 18 marzo indicavano tra -17,7 e -11,5, circa 15 gradi in più rispetto ai precedenti record a marzo da quando è iniziata la registrazione della zona, 65 anni fa, e quella più alta mai registrata in assoluto a Concordia. L'evento che si è verificato in queste lande ghiacciate è stato paragonato allondata di caldo di giugno scorso nel Pacifico nord-occidentale, in particolare nel Nord-Ovest del continente americano, in Canada. Sul litorale, dove generalmente il clima è più mite, la colonnina di mercurio è salita fino a +4,8 gradi alla base francese di Dumont dUrville e a +5,6 gradi alla stazione australiana di Casey, un altro record per il mese di marzo. «Tutte queste temperature sono degne dellestate australe, mentre in questo periodo, al contrario, il termometro dovrebbe indicare un crollo delle temperature e dovremmo andare verso la notte polare» ha fatto notare Gaetan Heymes, meteorologo di Meteo France. Allo stesso tempo, anche le stazioni meteorologiche vicino al Polo Nord, nellArtico, hanno mostrato segni di scioglimento di neve e ghiaccio, con alcune temperature di 30 C al di sopra della norma, toccando livelli normalmente raggiunti molto più avanti nellanno. Il livello anormalmente alto delle temperature è stato ricollegato ad una forte depressione che ha pompato aria calda in provenienza da Sud. Sotto leffetto di un circolo vizioso chiamato «amplificazione artica»: sciogliendosi, ghiaccio e neve, molto riflettenti, sono sostituiti da oceano o vegetazione più scuri, che assorbono più raggi solari, contribuendo al riscaldamento del Polo Nord, tre volte più velocemente rispetto al resto del mondo. Di conseguenza aumentano le temperature dellaria e dellacqua che, a loro volta, accelerano lo scioglimento. Queste prime ondate di caldo che si sono verificate ad entrambi i poli della Terra sono state valutate dagli scienziati come eventi «senza precedenti» che potrebbero segnalare un crollo climatico più rapido e improvviso. In questo periodo dellanno, lAntartico dovrebbe raffreddarsi rapidamente dopo la sua estate e lArtico emergere solo lentamente dal suo inverno, con lallungarsi delle giornate. Per entrambi i poli mostrare un tale riscaldamento in una volta sola rappresenta un primato. Il pericolo è duplice: le ondate di caldo ai poli sono un segnale forte del danno che lumanità sta provocando al clima mentre lo scioglimento potrebbe anche innescare ulteriori cambiamenti a cascata che accelereranno il crollo climatico. Gli scienziati hanno avvertito che gli eventi che si stanno verificando sono «storici» e «drammatici». Lanno scorso, il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Giec) aveva avvertito che si stanno già manifestando segnali di riscaldamento senza precedenti, che si traducono in alcuni cambiamenti, come lo scioglimento polare, che potrebbero diventare rapidamente irreversibili. «I modelli hanno fatto un buon lavoro proiettando il riscaldamento generale, ma possiamo affermare che gli eventi estremi stanno superando le proiezioni del modello. Questi eventi portano a casa lurgenza dellazione», ha dichiarato al Guardian Michael Mann, direttore dellEarth System Science Center della Pennsylvania State University. «Ora abbiamo temperature record nellArtico che, per me, mostrano che siamo entrati in una nuova fase estrema del cambiamento climatico molto prima di quanto ci aspettassimo» ha sottolineato Mark Maslin, professore di scienze del sistema terrestre allUniversity College di Londra.