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Sono le immagini che non avremmo mai voluto vedere, la sequenza di foto che mai e poi mai avremmo voluto pubblicare. Invece eccole qui, una dopo l'altra, uno scatto dopo l'altro, per raccontare ciò che era prevedibile: il divieto del burkini ha generato una caccia alle streghe nei confronti di quelle donne che, a parole, ma solo a parole, si sostiene di voler salvare perché usano il velo o indumenti simili. Guardatele queste immagini catturate da un bravo fotografo nella spiaggia di Nizza. Osservatele con attenzione. Mostrano un gruppo di poliziotti che umilia una donna perché vuol andare al mare, perché come altre migliaia e migliaia di donne vuole stare all'aria aperta. Ma a differenza di tante altre sceglie di vestirsi in maniera per noi diversa. Quei poliziotti applicano la norma approvata in 15 città della Francia con il plauso del ministro dell'Interno Valls. Dicono di farlo per difendere il principio della laicità e per proteggerci dal terrorismo. Ma è difficile credere all'una e all'altra cosa: perché è davvero risibile pensare che così ci salvino dall'orrore dell'Isis e soprattutto perché è davvero difficile sostenere che si affermi il principio della laicità obbligando un'altra persona a fare ciò che noi abbiamo deciso al suo posto.La discussione è complessa. Da anni si discute del ritorno del velo (nelle sue varie forme) nei paesi islamici e nel mondo occidentale. Si tratta di un simbolo religioso, patriarcale e maschilista: il corpo delle donne va nascosto, coperto, è impuro. Ma questo significato ha assunto nella vita di diverse donne una valenza diversa: di consapevolezza, di scelta, oppure di chiusura identitaria ma rispetto a un mondo occidentale che sentono come escludente. Cosa fare? Come agire? Per rispondere a questa domanda, teniamo lo sguardo sempre puntato sulle immagini della spiaggia di Nizza. Non perdiamole di vista. C'è chi pensa si debbano obbligare le donne a spogliarsi. Si sentono come i poliziotti del foto racconto: aguzzini della laicità. C'è invece chi pensa che quelle immagini siano orribili: che sia orribile costringere una donna a fare ciò che decide lo Stato per lei. C'è insomma chi critica l'Occidente che risponde alla norma maschilista con un altro obbligo. In mezzo ci sono loro, le donne. Usate da una parte e dall'altra: dall'Isis con il suo folle e omicida tentativo di ricreare lo Stato islamico; dall'Occidente impaurito, che se la prende con le più deboli.Il grande teorico francese Roland Barthes ci ha spiegato che le foto ci colpiscono per i particolari, spesso per il fuori campo che non vediamo. Il fuori campo in questo caso sono le donne che oggi in Francia vorrebbero andare in spiaggia o con il burkini o solo con il velo, per prendere un po' d'aria, e che non possono più farlo. Devono stare a casa. Costrette per un verso a coprirsi, dall'altra a non poter godere neanche di un po' di mare. E' successo anche martedì, sempre in Francia. Lo ha raccontato una donna al quotidiano inglese The Guardian. Sono arrivati i poliziotti in spiaggia e hanno detto: vai via. Con lei c'era la figlia, che ha pianto. Le persone infatti urlavano, le cacciavano. Questo perché la donna portava il velo. La bambina, a cui avremmo dovuto parlare, spiegare cosa sia la libertà, oggi è più fragile, più insicura. Le abbiamo trasmesso non i valori della democrazia, ma i principi dell'intolleranza. Se vogliamo fare una battaglia perché le donne non subiscano più obblighi come il burka, facciamola subito. Ma devono essere chiari alcuni punti. 1) La discussione sugli indumenti usati dalle donne islamiche non può non tenere conto della questione migranti. Non dobbiamo cioè cadere nel tranello di usare questi temi per chiudere le frontiere e avallare i nazionalismi. 2) Il simbolo religioso, che sottolinea il potere maschile, viene modificato dall'uso. Il burkini tanto criticato è di fatto un passaggio in avanti: le donne che prima stavano in casa, escono, fanno il bagno. 3) I divieti non costruiscono cambiamenti positivi, generano ulteriori chiusure e in questo caso rendono le donne più fragili, più isolate.Torniamo al fuori campo, a quella bimba. Avremmo dovuto insegnarle a essere, sempre, orgogliosa della madre anche davanti a una scelta che non condividiamo. La abbiamo invece umiliata. La abbiamo fatta piangere. Lacrime amare, troppo amare, per chi si batte per la libertà.