Quando la difesa della laicità diventa una crociata. Basta leggere le parole dell'ordinanza con cui il sindaco di Cannes David Lisnard vieta d'indossare il "burkini" (il costume integrale indossato da alcune musulmane praticanti) sulle spiagge comunali, per misurare l'ampiezza di questo cortocircuito culturale: «L'accesso agli arenili e al bagnasciuga è vietato fino al 31 agosto a ogni persona che non abbia abbigliamento corretto, rispettoso del buoncostume e della laicità, dell'igiene e della sicurezza». Evocare il "buoncostume" come un qualsiasi pretore degli anni 50 per sostenere i valori dello Stato laico è davvero una piroetta impressionante. Come lo è la decisione stessa del sindaco neogollista, vittima della psicosi generata dalla serie di attentati jihadisti che da un anno e mezzo sta flagellando la patria dei diritti dell'uomo. Con lo stato d'emergenza che diventa la cupa cornice entro cui esercitare la crescente paranoia islamofoba. Già il mese scorso il primo cittadino di Pennes-Mirabeau, un paesino della provincia di Marsiglia, aveva vietato una "giornata burkini" che si sarebbe dovuta celebrare in un parco acquatico privato, adducendo impalpabili ragioni di "sicurezza".L'ordinanza di Lisnard sta però suscitando un uragano di polemiche, anche perché entra in conflitto con il principio di libertà di culto sancito dalla Costituzione francese: «Il sindaco possiede forse un catalogo di vestiti autorizzati sulle nostre spiagge e forse presto nelle nostre città? A quando una polizia morale come nelle teocrazie? », commenta sacrcastica la Lega dei diritti umani. Ancora più dure le parole di Sefen Guez Guez, avvocato del Collettivo contro l'islamofobia in Francia (Ccif) che ha denunciato il sindaco per disciminazione religiosa: «L'ordinanza è semplicemente illegale, discriminatoria e anticostituzionale: la legge non permette di vietare l'accesso alle spiagge a chi indossa simboli religiosi, di sicuro il giudice annullerà questa assurda decisione».