Non bastavano l’Ilva e le Regionali a mettere a repentaglio la sopravvivenza del governo Conte, ora la nuova grana si chiama riforma del Mes ( Meccanismo europeo di stabilità), in altre parole: il fondo salva Stati. Solo che a chiedere chiarimenti al presidente del Consiglio, in merito alle revisioni avallate dall’Italia, non sono solo le opposizioni, ma anche il partito di maggioranza relativa: il Movimento 5 Stelle, la forza che ha espresso il premier che adesso contesta. I deputati grillini della commissione Finanze chiedono infatti a gran voce a Luigi Di Maio, il loro capo politico, di convocare d’urgenza un vertice di maggioranza sulla questione, muovendo a Conte un’accusa pesantissima: aver tenuto le Camere all’oscuro delle trattative europee. «Il Parlamento aveva dato un preciso mandato al presidente del Consiglio Conte», esordiscono i grillini ribelli. «La discussione sul Mes deve essere trasparente, il Parlamento non può essere tenuto all’oscuro dei progressi nella trattativa e non è accettabile alcuna riforma peggiorativa del Mes», accusano i cinquestelle, puntando il dito contro alcuni dei meccanismi di sostegno alle economie in difficoltà previsti dalla riforma. «Ad esempio prevedendo che l’aiuto sia condizionato al ricatto di riforme strutturali che di fatto porterebbero a un commissariamento degli Stati in difficoltà».

A nulla servono le smentite di Palazzo Chigi, che nega l’entrata in vigore della riforma e ricorda il potere di veto di Camera e Senato sul possibile accordo, ormai la polemica politica è esplosa. I grillini vogliono formalizzare il loro disaccordo in un vertice di maggioranza.

Tra i punti più controversi della riforma del Mes c’è l’ipotesi di una analisi preventiva della sostenibilità del debito. In questo modo già in anticipo si saprebbe se un Paese deve ricorrere alla sua ristrutturazione per avere accesso all’assistenza. «Poniamo di essere in una situazione di crisi, con lo spread che sale e il mercato che comincia a pensare che il Paese abbia necessità di sostegno», spiega Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici Italiani dell'università Cattolica di Milano. «È ovvio che, a fronte di una presunzione di ristrutturazione, nessuno comprerebbe più i titoli di Stato in questione, facendo avvitare la crisi».

Ma a far rumore resta lo stupore dei 5Stelle, che offrono una sponda politica inattesa all’ex alleato Matteo Salvini. «La Lega e il Parlamento hanno dato un mandato chiaro al presidente Conte», dice il leader della Lega. «Se qualcuno ha fatto promesse che non era in grado di mantenere, dovrebbe venirlo a spiegare».

E a spiegare ci pensano due ministri Pd: quello dell’Economia, Roberto Gualtieri, e quello degli Affari europei, Vincenzo Amendola. Il primo ricorda di aver già inviato al presidente leghista della commissione Finanze al Senato, Alberto Bagnai, la richiesta di essere audito proprio in merito alla riforma del Mes. La domanda di Gualtieri è datata 7 novembre, la calendarizzazione è prevista per il 27 dello stesso mese.

Meno diplomatico del titolare del Tesoro è Amendola, a cui sembra «strano questo rumore», perché chi solleva i dubbi oggi «era al governo quando si faceva il negoziato», dice rivolto proprio a Lega e Movimento 5 Stelle. Non solo, «il ministro Gualtieri ha inviato una lettera scritta», allegando anche «il bilancio dell’Eurozona e la garanzia sui depositi bancari». Quindi, «la sorpresa, soprattutto degli europeisti dell’ultima ora, è che se ne accorgono adesso di un negoziato che va avanti da mesi quando io e anche il ministro Gualtieri non c’eravamo».

E in effetti l’ultimo incontro dei i capi di Stato e di governo dei Paesi Ue sul tema della riforma risale al giugno scorso, quando al ministero dell’Economia sedeva Giovanni Tria e vice premier erano Salvini e Di Maio. Lo stupore di Amendola di fronte alle recriminazioni grilline è giustificato. L’inquietudine dei cinquestelle un po’ meno.