La procura di Budapest ha chiesto 11 anni di carcere per Ilaria Salis, l'attivista antifascista arrestata con l'accusa di aver partecipato a un'aggressione a militanti neofascisti nella capitale ungherese. La 39enne milanese incarcerata in Ungheria dal febbraio 2023, si sarebbe dichiarata innocente in apertura del processo a carico suo e di altri tre imputati, tutti stranieri.

Uno di essi, un cittadino tedesco, si è dichiarato colpevole ed è stato condannato con rito immediato a tre anni, pena per la quale farà ricorso sia l'accusa che la difesa. Trascorsi due terzi della pena potrà essere espulso dall'Ungheria e non potrà rientrarvi per cinque anni. Accusata di aver partecipato, con esponenti del gruppo di estrema sinistra 'Hammerband', a quella che le autorità ungheresi hanno definito una 'caccia all'uomo' tra il 9 e il 10 febbraio dell'anno scorso, Salis deve rispondere di tentato omicidio colposo in concorso e si è vista negare la revoca della custodia cautelare per il presunto pericolo di fuga. 

Come riferiscono i legali italiani della 39enne, gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, Salis è stata portata nell’aula del Tribunale di Budapest legata per le mani e i piedi, tenuta per una catena e sorvegliata su una panca per tutta la durata dell’udienza da due agenti di un corpo speciale della Polizia penitenziaria che indossavano un giubbotto antiproiettile e il passamontagna per non essere riconoscibili. 

Salis, imputata assieme ad altri due cittadini tedeschi, si è dichiarata non colpevole e ha contestato l’impossibilità di vedere le immagini delle telecamere di sorveglianza su cui si basa l’accusa e la mancata traduzione degli atti, in inglese e in italiano, che le hanno impedito di conoscere appieno i reati di cui è chiamata a rispondere. Il processo è stato rinviato al prossimo 24 maggio.

«Chiediamo al governo ungherese di vigilare e di intervenire affinché vengano rispettati i diritti, previsti dalle normative comunitarie, della cittadina italiana Ilaria Salis detenuta in attesa di giudizio», scrive su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Le accuse e la denuncia: “In cella con topi e insetti”

I fatti contestati a Salis risalgono allo scorso febbraio, quando le strade di Budapest furono teatro di violente aggressioni, seguite alla manifestazione con cui gruppi neonazisti e di estrema destra commemorarono il tentativo di fuga delle truppe tedesco-ungheresi accerchiate a Budapest durante la seconda guerra mondiale. La prima aggressione avvenne il 9 febbraio, in piazza Fovam, nel centro della città, dove tre cittadini polacchi furono aggrediti da una banda di sette o otto persone. La seconda aggressione è avvenuta il giorno successivo, 10 febbraio, a Gazdagret, ai danni di un cittadino ungherese. La sera dello stesso giorno sono stati aggrediti un tedesco e una coppia ungherese.

Dalle indagini è emerso che gli aggressori avevano seguito a lungo ciascuna vittima, alcuni di loro hanno viaggiato con loro con i mezzi pubblici, con diversi trasbordi. Gyorgy Magyar, legale di Salis, ha più volte denunciato le condizioni di detenzione della donna. «La mia cliente sente di essere stato tenuto inutilmente sotto un regime carcerario eccessivamente stretto e di essere considerata alla stregua di un terrorista internazionale» ha detto al quoditidiano Magyar Hang, «All’inizio non le era consentito nemmeno il contatto con i genitori».

Il padre, Roberto Salis, ha detto a RTL Hirado di essere preoccupato per la figlia, che considera troppi 11 anni e che in Italia questi casi vengono giudicati con molta più indulgenza. L’amministrazione carceraria ha respinto come «falso» e bollato come «menzogne» le accuse contenute nel racconto fatto da una ex compagna di cella di Salis a Repubblica, secondo cui l’antifascista italiana sarebbe tenuta in una cella piena di topi e insetti. «La legislazione in materia e vari protocolli professionali regolano le condizioni di detenzione con norme rigorose» scrive l’amministrazione penitenziaria in una nota. «Negli istituti vengono effettuati continui controlli igienici e i detenuti ricevono un’adeguata assistenza sanitaria. E la presenza dei ratti è una bugia. Le accuse infondate danneggiano gravemente la buona reputazione dell’istituto penitenziario e dei suoi dipendenti».