«Ci sono momenti nei quali non si può essere tolleranti con gli intolleranti». Così la dirigenza del Santos football club ha spiegato i toni scelti per la campagna anti- razzista con cui da lunedì sta inondando il Brasile. Campagna dal linguaggio esplicito, secondo alcuni aggressivo, di certo molto efficace. “Contudente” dicono i brasiliani.

Il Santos, club paulista, è una delle squadre di calcio più amate del Paese e una delle più famose all’estero. E’ la squadra che fu di Pelè.

Durante una giornata di campionato a fine ottobre un calciatore del Cearà ha raccontato che un suo compagno di squadra, nero, ha ricevuto insulti razzisti da un tifoso del Santos.

La dirigenza del Santos ha reagito nella seguente maniera. Innanzitutto ha avviato un martellante tam tam via social. Il Brasile è un Paese incredibilmente più connesso di qualsiasi Paese europeo e i messaggi via internet hanno un grande impatto: un quarto della popolazione si informa solo attraverso i social network ( dettaglio fondamentale per capire l’efficacia delle fake news su cui si è costruita parte della campagna elettorale dell’attuale presidente Jair Bolsonaro che nei pregiudizi razzisti ci sguazza allegramente).

I social sono da giorni tempestati di messaggi, con il logo della squadra, con questo contenuto: «Se sei razzista, non tifare Santos». Oppure: «Se sei intollerante, xenofobo o razzista, non venire allo stadio, non usare prodotti con il nostro marchio. Meglio: smetti di tifare Santos. Tu non meriti questa squadra e non sei benvenuto nella nostra casa». E ancora: «I nostri spalti sono uno spazio per quasi tutti: abbiamo santistas di ogni etnia, età, origine, abitanti di ogni parte del Brasile, persone di ogni genere, di differenti posizioni politiche, scelte, gusti e credo religiosi. Soltanto per i razzisti lo spazio non c’è». Uno degli slogan di maggior successo è questo: «Fin quando ci sarà un uomo nero a sfidare il sistema con un pallone ai piedi, il Santos vivrà».

Il Brasile è stato letteralmente inondato di foto di ragazzini neri di varie favelas vestiti con la nuova divisa del Santos: un total black «in omaggio agli idoli neri brasiliani» in una squadra “bianca e nera” spiega la società.

I giocatori sono scesi in campo sabato scorso ciascuno con una maglietta nella quale compariva un grosso numero accompagnato dal segno percentuale. Insieme gli 11 numeri danno una panoramica della posizione dei neri nella società brasiliana. Eccone alcuni: l’ 1% degli avvocati brasiliani è nero, il 61% dei detenuti nelle carceri è nero, il 70% delle adolescenti incinte è nero, il 2% dei registi cinematografici è nero, l’ 85% dei lavoratori in condizioni di schiavitù è nero, il 79% delle morti violente riguarda persone nere, il 19% dei medici è nero, il 18% dei ricchi è nero. Le foto delle magliette indossate dai calciatori hanno fatto il giro del web.

«Senza dubbio alcuno si tratta della presa di posizione più forte contro il razzismo che abbia mai preso un club di football in Brasile» dicono all’Osservatorio sulla discriminazione razziale nel calcio.

La campagna in parte è dovuta anche alla necessità del Santos di mettere a tacere le polemiche sorte per il tempo trascorso tra la divulgazione pubblica di un audio con frasi razziste di un consigliere della società, divulgazione avvenuta in aprile, e l’allontanamento di questa persona dalla società, avvenuta ad ottobre.

Troppo tempo secondo parte della tifoseria, che con la protesta # ExpulsaORacista ha raccolto quest’estate il maggior numero di commenti via web ad argomenti lanciati via twitter.

Da notare che a nessuno, nella dirigenza della società, è venuto in mente di non credere alla denuncia fatta dal giocatore di Cearà, né di insinuare che avesse interessi personali a montare una polemica. L’hanno difeso e basta.

Una presa di posizione netta nel Brasile di Bolsonaro, dove il 52% degli elettori solo un anno fa ha votato un candidato che delle sue posizioni esplicitamente razziste ha fatto un cavallo di battaglia elettorale.

Interessante che l’abbia presa il Santos football club, una potenza mediatica ed economica. Una stella nell’immaginario popolare. La sua è una mossa che, nel clima di totale polarizzazione politica attuale in Brasile, suona come un avvertimento al bolsonarismo diffuso: «La guerra è dichiarata».