Si affilano le armi per la Guerra delle due rose del Partito Conservatore britannico. Interno contro Giustizia, i ministri Theresa May e Michael Gove sono i due candidati forti a succedere all’ormai ex premier David Cameron alla guida dei Tories e del Regno Unito, per traghettarlo negli anni di incertezza del dopo Brexit. Grande assente della contesa è il campione del Leave ed ex sindaco di Londra Boris Johnson, di cui tutti davano per certa la candidatura come nuovo rampante mattatore dei conservatori britannici. «Mi sono consultato con i miei colleghi e, viste le circostanze attuali in Parlamento, ho concluso che non sono la persona giusta», ha comunicato laconicamente Johnson, lasciando il campo ai colleghi.Sostenitrice del Remain una, a favore della Brexit l’altro, May e Gove rappresentano le due anime del partito conservatore e, anche se la contesa è allargata ad altri competitor - la ministra dell’Energia Andrea Leadsom, l’ex ministro della Difesa Liam Fox e il ministro al Lavoro, Stephen Crabb - la sfida è destinata ad essere uno scontro a due.«Sono Theresa May e sono la persona migliore per fare il premier della Gran Bretagna». Ha esordito così la ministra dell’Interno presentandosi alla stampa, e «Non sono una politica che fa gli show o che va a bere ai bar del Parlamento, faccio solo il mio lavoro» ha aggiunto. Una dichiarazione di stile, che segue il suo editoriale sul Times di ieri, in cui fissa gli obiettivi della sua leadership: «riunire la Gran Bretagna e sanare la frattura referendaria tra i conservatori». Eliminato dalla competizione Johnson, la cinquantanovenne del Sussex è data per favorita dai pronostici e, secondo un sondaggio di YouGov, gode di una popolarità del 31% tra i conservatori contro il 24% dell’ex sindaco di Londra. May, pur avendo appoggiato Cameron nella campagna per rimanere in Europa, non si è mai esposta in modo chiaro sul tema e ha annunciato una roadmap per attutire l’urto della Brexit: negoziati per ottenere i migliori termini possibili di uscita dall’Ue, un ministero ad hoc deputato a gestirli e nessuna nuova elezione fino al 2020.Più controversa, invece, è la candidatura di Michael Gove. Il suo nome per la successione ha anticipato di poco il clamoroso ritiro di Johnson e ha colto di sorpresa lo stesso partito conservatore. Lo stesso Gove ha spiegato di essere «arrivato alla conclusione che Boris Johnson non abbia la capacità di fornire una leadership o costruire la squadra per il compito che abbiamo di fronte, ho deciso quindi di avanzare la mia candidatura per la leadership. Sono arrivato a questa decisione con riluttanza, ma non posso fare altrimenti». Quello di Gove è il secondo voltafaccia politico a distanza di pochi mesi. Il primo a venire tradito era stato il suo ormai ex amico e compagno di partito David Cameron, schierato sul fronte del Remain : in quell’occasione Gove aveva a sorpresa scelto di fare campagna per la Brexit, definendola «la più difficile decisione della mia vita politica». Oggi, a fare le spese degli umori di Gove è stato Johnson.Il termine per la presentazione delle candidature del dopo Cameron si è concluso ieri a mezzogiorno e ora le tappe della campagna sono scandite. In estate i cinque candidati verranno sottoposti al vaglio dei deputati conservatori, che sceglieranno i due finalisti. Poi, il 9 settembre, i 150mila membri del partito sceglieranno il nuovo leader e primo ministro del Regno Unito. Se davvero la scelta dovesse cadere su Theresa May, il paradosso sarebbe l’elezione di un premier “europeista” subito dopo la Brexit, anche se lei ha già chiarito che «Brexit vuol dire Brexit. Il paese ha votato per uscire dalle Ue e non si torna indietro. Ora l’esigenza è di riprendere il controllo sull’immigrazione».Sul fronte opposto dei laburisti, la leadership di Jeremy Corbyn è sempre più traballante. Nonostante il voto di sfiducia dell’80% dei suoi deputati, Corbyn continua a rifiutare di dimettersi ed è pronto a ricandidarsi alla guida del Labour Party, convinto del sostegno della base del suo partito. La sua sfidante, con tutta probabilità, sarà la deputata Angela Eagle, molto apprezzata dai colleghi, considerata di sinistra ma con posizioni più morbide rispetto all’attuale leader.Se tutto andasse secondo pronostico, allora, dopo l’estate le sorti della politica britannica post referendaria potrebbero venire riposte nelle mani di due donne.