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Un attacco su Teheran, il più potente dall’inizio del conflitto, ha provocato un imponente incendio in due grandi depositi di carburante e ha colpito anche il ministero della Difesa iraniano. Nel frattempo, i raid iraniani hanno causato la morte di cinque persone e numerosi feriti a Haifa, mentre missili sono stati lanciati anche su Gerusalemme, attaccata contemporaneamente da forze provenienti dallo Yemen. L’Iran ha inoltre annunciato l’arresto di due membri del Mossad nella provincia di Alborz, accusati di aver preparato bombe, trappole esplosive e dispositivi elettronici.
Nella notte sono proseguiti gli scontri tra Israele e Iran, con attacchi incrociati che hanno provocato diverse vittime. Le forze israeliane hanno intercettato e colpito alcuni lanciamissili in Iran; inoltre, l’Aeronautica militare israeliana (IAF) ha effettuato raid su siti di stoccaggio e infrastrutture missilistiche nella parte occidentale del Paese, come riportato dalle Forze di Difesa israeliane.
Secondo i media israeliani, il bilancio degli attacchi missilistici iraniani verso il centro di Israele e Gerusalemme è di tredici morti e circa 200 feriti. Nelle ultime ore, sette droni diretti verso Israele sono stati intercettati dall’IAF e dalla Marina israeliana.
Sul fronte diplomatico, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha dichiarato: «Avremmo dovuto tenere oggi a Muscat il prossimo ciclo di negoziati» sul nucleare, affermando che l’Iran è «fiducioso nella natura pacifica del nostro programma nucleare» e che «se l’obiettivo dell’accordo è privare l’Iran dei suoi diritti nucleari, è naturale che non siamo pronti per un accordo». Araghchi ha inoltre accusato Israele di opporsi ai negoziati, sottolineando: «Se gli attacchi di Israele contro l’Iran cesseranno, anche le nostre risposte si fermeranno». Queste dichiarazioni sono arrivate il giorno in cui era previsto un nuovo round di colloqui tra Teheran e Washington, poi annullato a causa degli attacchi israeliani.
Il Wall Street Journal ha riferito che Israele non esclude che la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, possa diventare un obiettivo degli attacchi. Un funzionario israeliano ha detto chiaramente: «Khamenei non è off limits», evidenziando che le operazioni mirano non solo al programma nucleare, ma anche a indebolire politicamente e militarmente il regime iraniano.
L’esercito israeliano ha lanciato un avvertimento rivolto agli iraniani, invitandoli a lasciare immediatamente le «fabbriche di produzione di armi», segnalando la possibilità di nuovi raid. Il portavoce dell’IDF, colonnello Avichay Adraee, ha diffuso il messaggio in lingua farsi tramite X, replicando una strategia già usata in altri teatri come Gaza, Libano e Yemen.
Parallelamente, i ribelli Houthi dello Yemen hanno rivendicato il lancio di due missili balistici su Israele nelle ultime 24 ore, sostenendo di aver colpito «obiettivi sensibili nemici israeliani» nei pressi di Tel Aviv, ma fonti militari israeliane hanno smentito queste informazioni al Times of Israel.
Sul piano militare, l’esercito israeliano avrebbe bombardato un impianto nucleare nella città di Isfahan, distruggendo infrastrutture legate all’arricchimento e alla trasformazione dell’uranio. L’Iran non ha ancora commentato ufficialmente l’attacco, ma il ministero del petrolio ha assicurato che gli impianti della raffineria di Isfahan restano pienamente operativi.
Sul fronte economico, la borsa di Tel Aviv ha mostrato una ripresa dopo i cali iniziali dovuti alla crisi, mentre gli analisti monitorano attentamente gli sviluppi del conflitto e il loro impatto sui mercati.
Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica iraniane (IRGC) ha confermato la morte di sette comandanti di alto rango, tra cui Amir Ali Hajizadeh, capo della Forza aerospaziale, durante un attacco israeliano venerdì mattina. Sabato è stato nominato un nuovo comandante, Sayyid Majid Mousavi.
In risposta agli attacchi, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dichiarato che gli attacchi israeliani sull’Iran continueranno, affermando che Teheran sta diventando come Beirut. Katz ha detto: «Le forze armate israeliane colpiranno i siti militari e continueranno a togliere la pelle dal serpente iraniano a Teheran e ovunque, privandolo delle sue capacità nucleari e dei suoi sistemi d’arma». Ha inoltre accusato il regime iraniano di usare la popolazione di Teheran come ostaggio per la sua sopravvivenza.
Dal canto suo, la portavoce del governo iraniano, Fatemeh Mohajerani, ha definito la situazione come uno stato di guerra imposto, sostenendo che «nonostante fossimo diffidenti, abbiamo negoziato e volevamo raggiungere una conclusione, ma non ci hanno lasciato spazio», riferendosi ai negoziati nucleari con gli Stati Uniti.
L’Iran ha annunciato di aver utilizzato un nuovo missile balistico negli ultimi attacchi contro Israele, chiamato «Haj Qassem», in onore di Qassem Soleimani, ex comandante della forza Quds. Questo missile guidato, presentato lo scorso mese, è alimentato a combustibile solido, con una gittata di 1.200 chilometri, dotato di una testata manovrabile in grado di superare i sistemi di difesa missilistica come il Thaad e i Patriot, e con un avanzato sistema di navigazione capace di contrastare la guerra elettronica.
Il presidente del consiglio comunale di Teheran, Mehdi Chamran, ha riferito che, a differenza di Israele, dove sono presenti numerosi rifugi antiaerei, nella capitale iraniana non ci sono veri rifugi e la popolazione è costretta a cercare riparo in scantinati e tunnel. Ha aggiunto che in casi estremi si potrebbe utilizzare la metropolitana e i parcheggi sotterranei come rifugio.
Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha ribadito che «non vogliamo estendere questa guerra ad altri Paesi o alla regione, a meno che non ci venga imposto».
Infine, l’ex presidente Usa Donald Trump ha ammonito che se gli Stati Uniti venissero attaccati dall’Iran, reagirebbero con una forza mai vista prima, pur sottolineando che Washington non ha alcun coinvolgimento nell’attacco all’Iran. Trump ha espresso ottimismo circa la possibilità di un accordo tra Iran e Israele per porre fine al conflitto.