Musica di sottofondo. Dissolvenze. Il montaggio studiato. Report fa televisione. Ma con uno stile molto classico. Diciamo pure vecchiotto. Punta alle suggestioni. Il giornalista che realizza il servizio su “Mafia e appalti” indossa copricapo impegnativi. La misteriosa fonte che svela le conversazioni telefoniche tra il nostro Damiano Aliprandi e il generale Mario Mori è accompagnata dal sottopancia “L’investigatore”. Chi? Quale? Di cosa? Boh.

Non si capisce dove sia la forza del racconto, nella trasmissione andata in onda ieri sera. Se non nel soundtrack da thriller anni 80, ecco. Nel volto invisibile del teste chiave, sempre l’investigatore. In una carica ipnotica che ricorda non tanto il primo Mixer di Minoli quanto l’Indietro tutta di Arbore.

Direte: che c’entra Arbore? C’entra. Perché dovete tornare un attimo alla puntata-capolavoro di quella trasmissione-capolavoro, e cioè all’ingresso in studio su baldacchino semovente del grande Massimo Troisi: il gioco di cui Massimo è protagonista è l’“Identichiè quiz”. I concorrenti dicono che il personaggio in processione è Troisi. Nella busta di Nino Frassica c’è scritto Rossano Brazzi. Lui, Troisi, sulle prime è sconcertato. Poi si rassegna: «Si ’o ddice ’a televisione, ’a televisione nun po’ sbaglia’».

Ecco: la forza della puntata di Report è in un assunto, un assioma: la televisione dice sempre la verità. Quindi, anche se la tesi delle stragi pianificate da “intelligenze politiche” con una cupola riunitasi a Enna nel ’91 per spianare la strada – è il sottinteso – a Forza Italia e a Silvio Belusconi non è sorretta da uno straccio di argomentazione, ed è stata anzi smontata nel fluviale processo “trattativa-Stato mafia”, anche se si tratta di una sbobba, di una leggenda nera inservibile, quel sottofondo, quel soundtrack, quel tono grave, i berretti, l’investigatore di cui compaiono solo le spalle e poi un indecifrabile profilo baffuto, ecco, tutto questo ci ricorda, come diceva Massimo, che «si ‘o ddice ’a televisione, ’a televisione nun po’ sbaglia’».
Anche se.
Anche se bisogna sempre trovare un pubblico disposto a farsi ancora incantare da tutto questo. E non siamo così convinti che quel pubblico sia così vasto, pure tra i fan dei 5 Stelle che hanno eletto a Palazzo Madama l’ex pm Roberto Scarpinato. E poi, non se la prendano, i colleghi di Report, ma la messinscena – più o meno dichiarata dall’altro sottopancia “Ricostruzione”, che vuol dire tutto e niente – dell’investigatore che presenta Damiano Aliprandi come una non meglio precisata eminenza grigia, ricorda, questo sì, una scena dei processi di mafia, il Gaspare Spatuzza che nel 2009 depone in udienza protetto da un separé bianco in modo da essere invisibile al pubblico.

Tutto più o meno lecito. Ma non possiamo resistere dal ricordare che ci fu pure qualcun altro a presentarsi così, pochi mesi dopo, davanti alle telecamere: Alfredo Cerruti, l’indimenticabile leader degli Squallor, in un’intervista a Chiambretti “ispirata” alla deposizione di Spatuzza. Quella sì che fu una serata di grande televisione. E poi una cosa: Cerruti, alcuni lo ricorderanno, era stato co-autore di Indietro tutta. Complice di Arbore. Forse il colpo di genio su Troisi-Rossano Brazzi era venuto a lui. Il cerchio si chiude. Forse non come Report sperava, ma comunque si chiude